La presidente del Senato Casellati rilancia il doppio cognome: “Legge entro il 2023”

Una famiglia a passeggio sulla scalinata di piazza di Spagna nel centro di Roma ancora in zona gialla,
Una famiglia a passeggio sulla scalinata di piazza di Spagna nel centro di Roma ancora in zona gialla, 7 marzo 2021. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

ROMA. – A cinque anni dalle sentenza della Corte costituzionale sul doppio cognome, del padre e della madre, da attribuire ai figli, la presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati ha rilanciato la necessità di varare una legge in materia, dando anche un orizzonte temporale: la fine della legislatura.

Un obiettivo a cui il governo, con i ministri Federico D’Incà ed Elena Bonetti, ha detto di volersi impegnare, ferma restando “l’autonomia del Parlamento”, a cui spetta ora la parola, dopo i nulla di fatto delle precedenti tre legislature.

Lo spunto è stato dato da un convegno organizzato dalla Rete per la parità, presieduto da Rosanna Oliva de Conciliis, e dall’Intergruppo delle senatrici, in occasione del quinto anniversario della 286 del 2016 della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittima l’attuale legislazione, che impone di dare ai figli il nome del solo padre.

In assenza di una legge, sollecitata dalla Consulta sin dal 2006, in via amministrativa è stata introdotta la possibilità di aggiungere anche il cognome della madre, in caso di consenso dei coniugi. Ma manca, appunto, una legge che dia certezze. In un messaggio al convegno, letto dalla senatrice Valeria Fedeli che ha guidato il lavori, Casellati ha parlato “dell’urgenza di un intervento legislativo teso ad eliminare ogni forma di disparità tra coniugi e genitori a partire dal diritto di affidare ai propri figli, attraverso il cognome, una parte della propria storia e della propria identità persona”.

“Un obiettivo di uguaglianza e civiltà – ha aggiunto – che ritengo debba essere raggiunto con il concorso di tutte le forze politiche, prima della fine della legislatura”. Di qui la promozione da parte della stessa Casellati di un “tavolo di dialogo” coordinato da Fedeli. Anche il ministro per i rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, e quello per la Famiglia, Elena Bonetti, hanno portato il sostegno del governo.

“Mi adopererò con il massimo impegno e la piena consapevolezza del grande rilievo della questione – ha detto D’Incà – per favorire la tempestiva calendarizzazione dell’esame dei progetti di legge”. La parola sta dunque al Parlamento, dove sono stati presentati ben sei ddl al Senato e quattro alla Camera, il cui iter però non è mai iniziato.

Nella scorsa legislatura un testo fu approvato a Montecitorio ma morì a Palazzo Madama. I nodi rimangono sempre gli stessi: doppio cognome sì, ma come? Prima quello del padre o quello della madre? Possibilità di decidere il loro ordine, o anche di sceglierne uno solo? E per le prossime generazioni con un doppio cognome, quali margini di scelta? Questioni su cui in tre legislature non si è trovata l’intesa ampia necessaria.

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