Giorgetti rilancia Draghi: “Può guidare il convoglio anche dal Colle”

Il Presidente del Consiglio Mario Draghi con il ministro Giancarlo Giorgetti in foto d'archivio.
Il Presidente del Consiglio Mario Draghi con il ministro Giancarlo Giorgetti in foto d'archivio.

ROMA. – Nella scia del partito pro Mario Draghi al Colle che sta crescendo vistosamente negli ultimi giorni, si piazza ora Giancarlo Giorgetti. Il ministro leghista subordina in realtà l’ipotesi a piano B, preferendo che Sergio Mattarella si allunghi nel suo ruolo fino a fine legislatura, nel 2023.

“Se questo non è possibile, va bene Draghi”, ammette il capodelegazione della Lega. Ma va oltre, al limite della Costituzione. E nell’anticipazione dell’ultimo libro di Bruno Vespa, fa un doppio salto: se Draghi dovesse traslocare al Colle lasciando libero Palazzo Chigi, “potrebbe guidare il convoglio anche dal Quirinale”. Dunque annuncia senza timidezze: “Sarebbe un semipresidenzialismo de facto”.

Insomma sembra ormai quasi sdoganato l’addio al voto anticipato. A invocarlo è rimasto solo il partito di Giorgia Meloni, che lo indica come “via maestra” e condizione per il sì a Draghi presidente della Repubblica. Agli antipodi, Giuseppe Conte. Per il M5s, nessuna preclusione all’ex governatore di Bankitalia ma “qualunque sia la soluzione, non ravviso le condizioni per andare a votare un attimo dopo”, sentenzia il leader.

Intanto la proposta del numero due del Carroccio spariglia il dibattito alimentando la ‘saga’ sul Quirinale, già aperta nonostante manchino tre mesi al 3 febbraio, quando si concluderà il mandato di Mattarella. La contesa del resto è già complessa, tra autocandidature più o meno esplicite, veleni e condizioni come il voto anticipato. Su questa il ministro dello Sviluppo economico dice ‘no’ suggerendo un escamotage che salvi ‘capre e cavoli’: “Il presidente della Repubblica allarga le sue funzioni, approfittando di una politica debole”.

Più o meno come fece a suo tempo il presidente Napolitano? “Lui l’ha fatto dinanzi a un mondo politico spaesato. Draghi baderebbe all’economia”, chiarisce netto. Ma lo scenario prospettato da Giorgetti è di difficile realizzazione, non c’è spazio nell’attuale Costituzione per un semipresidenzialismo reale.

Di fronte a un’eventuale candidatura di Draghi al Quirinale, l’esecutivo potrebbe andare avanti affidando ad esempio l’interim all’attuale ministro dell’Economia, Franco oppure al ‘decano’ fra i ministri, cioè Renato Brunetta. Un altro modo per mostrare, soprattutto all’Europa, che l’Italia tiene una certa continuità istituzionale, proprio quando c’è da gestire i fondi del Recovery e le riforme collegate.

Al di là della concretezza, la ‘soluzione Giorgetti’ gela gran parte della Lega. Nessun commento ufficiale, se non che è uno scenario prematuro, trapela dal partito. Laconico Roberto Calderoli: “Io aspetto febbraio”. Apparentemente indifferenti gli altri partiti, per sminuire la proposta o irriderla. “Mi sembra surreale che un ministro dia una interpretazione tutta sua della nostra Costituzionale”, osserva Andrea Marcucci del Pd. I

l suo segretario di partito ha chiesto più volte di non parlarne fino a fine anno. E infatti Enrico Letta tace, perché – riferiscono fonti del Nazareno – la scelta non può trasformarsi in un “risiko delle convenienze partigiane, dei partiti o dentro i partiti”.

Tace pure Forza Italia e il suo leader nel giorno in cui ammette, nello stesso libro di Vespa: “Mi hanno proposto di essere il candidato del centrodestra” ma “non sarebbe un’elezione facile, perché il centrodestra non avrebbe da solo i voti necessari”. In effetti per realizzare il suo sogno, la coalizione dovrebbe essere granitica – tutta, fino all’ultimo grande elettore – nonostante il voto segreto. In più servirebbero 54 voti “nuovi” da cercare tra i moderati o gli ex dei vari partiti.

Di sicuro il Cavaliere non potrà contare sui 5 Stelle. A mettere la parola tombale è Luigi Di Maio: “Mi sembra improbabile”, dice in una lunga intervista alla Stampa. Anzi, chiude i giochi: “E’ un’ipotesi irrealizzabile” aggiungendo che “Salvini e Meloni stanno giocando con Berlusconi” in un grande bluff.

(di Michela Suglia/ANSA)

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