Attacco kamikaze in un ospedale, strage a Kabul

Un uomo carica un bambino sulle braccia a Kabul. (ANSA)

ROMA.  – La guerra in Afghanistan non si è mai fermata, nonostante le rassicurazioni dei nuovi padroni del Paese. Lo dimostra l’ennesimo attentato kamikaze che ha colpito Kabul, provocando una strage. L’ultimo di una lunga serie, con ogni probabilità firmato dall’Isis. Per guadagnare terreno sfruttando la retorica della sfida agli “apostati” talebani, tornati al potere grazie ad un accordo con gli occidentali.

Il bersaglio questa volta è stato il più grande ospedale militare afghano, che si trova nella capitale. L’assalto è stato condotto da un commando di cui faceva parte anche un kamikaze, a bordo di una motocicletta, che si è fatto esplodere all’ingresso, con un boato che è stato avvertito in diversi quartieri della città. Altre fonti hanno parlato di due kamikaze.

Almeno una ventina i morti e cinquanta feriti, il bilancio provvisorio, ha riferito un funzionario locale, aggiungendo che gli altri miliziani entrati nella struttura sono stati abbattuti dalle forze di sicurezza. Nell’ospedale, che può ospitare fino a 400 pazienti, il personale si è rifugiato in una stanza di sicurezza, ha raccontato una fonte medica: “Temevano che gli attentatori sarebbero andati da una stanza all’altra per uccidere più persone possibile, come era successo la prima volta che l’ospedale era stato attaccato”, la drammatica testimonianza. Nel marzo 2017 uomini dell’Isis vestiti da medici avevano fatto irruzione uccidendo 50 persone.

Anche stavolta le autorità hanno puntato il dito sui “ribelli” dell’Isis-Khorasan, il ramo di Daesh in Asia centrale. Che ha ripreso a colpire l’Afghanistan in modo sistematico da quanto i talebani hanno conquistato Kabul, il 15 agosto. Una sequenza di attentati contro la minoranza sciita, considerata eretica, e contro gli studenti coranici, accusati di tradimento perché ai colloqui di pace in Qatar sarebbero venuti a patti con Washington per avere mano libera in Afghanistan.

I talebani sono stati colpiti fino a Kandahar, la culla dove negli anni ’90 nacque il loro movimento. Kabul è stata bersaglio diverse volte, a partire dal massacro di fine agosto all’aeroporto: 95 morti durante le evacuazioni degli stranieri.

Nell’ospedale militare nei giorni scorsi aveva fatto la sua prima apparizione pubblica il ministro della difesa talebano Mohammed Yaqoub, figlio del fondatore del movimento, il mullah Omar, per chiedere agli uomini d’affari afghani di investire nelle strutture sanitarie. Il suo governo, dopo il completo ritiro delle truppe della Nato, aveva assicurato la pacificazione del Paese e garantito la sicurezza di tutti gli afghani. Ma con le migliaia di miliziani su cui può contare, arroccati sulle montagne al confine con il Pakistan, l’Isis-K ha finora dimostrato tutta la sua pericolosità.

Con l’acuirsi del conflitto tra Isis e talebani a pagare, ancora una volta, sono soprattutto i civili. “Si trata dell’ennesima dimostrazione che la guerra sulla pelle del popolo afghano continua, anche ora che i riflettori sono spenti e le istituzioni internazionali se sono andate”, ha denunciato Emergency, che nel suo ospedale ha accolto decine di feriti dell’attentato di Kabul, tra cui due bambini, colpiti da schegge. Tutto questo, “nel mezzo di una crisi economica, alimentare e umanitaria spaventosa” che coinvolge “più di un afghano su due”.

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