Allarme Onu: “Impegni vaghi a Cop26, rischio catastrofe”

Studenti a Torino durante la manifestazione Fridays For Future per il clima.
Studenti a Torino durante la manifestazione Fridays For Future per il clima. Immagi8ne d'archivio.ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO

ROMA. – Otto anni. E’ l’ultima deadline che la scienza indica al mondo per dimezzare le emissioni annuali di gas serra e contenere il riscaldamento globale entro +1,5 gradi entro fine secolo, l’obiettivo più ambizioso dell’Accordo di Parigi del 2015. Ma a oggi gli impegni più aggiornati dei vari Paesi sono ancora insufficienti, per cui la Terra sta andando verso un aumento medio della temperatura di quasi il doppio, almeno 2,7 gradi.

Dall’Australia, ricca di carbone (fra i combustibili fossili più inquinanti) arriva l’ultimo impegno: obiettivo zero emissioni nette entro il 2050. Ma nessun dettaglio sui target a breve termine in vista della conferenza dell’Onu sul clima di Glasgow, la Cop 26 (31 ottobre-12 novembre). Di fatto un rinvio sugli obiettivi.

‘The heat is on’, il caldo è acceso, titola l’Agenzia per l’ambiente delle Nazioni unite (Unep) il suo ultimo rapporto ‘Emission gap 2021’ diffuso oggi e che suona come l’ennesimo richiamo all’azione. “Siamo sulla buona strada per la catastrofe climatica”, avverte ancora una volta il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, spiegando che “il divario di emissioni è il risultato di un divario di leadership. L’era delle mezze misure e delle false promesse deve finire. Il tempo per colmare il divario di leadership deve iniziare a Glasgow”.

Dove fra i nodi principali da sciogliere c’è proprio la verifica degli impegni (i cosiddetti contributi determinati a livello nazionale o Ndcs) di ciascuno dei 196 Paesi partecipanti a ridurre i gas che alterano il clima e che sono la causa primaria del global warming e azioni di mitigazione. Così era stato deciso a Parigi nel 2015, una verifica ogni 5 anni (l’anno scorso è slittata causa pandemia).

A Glasgow, quindi, gli organizzatori chiedono il raddoppio degli impegni per decarbonizzare le economie, gli ottimisti attendono la svolta, i realisti temono il fallimento. L’appello della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen è “agire ora” e “aiutare i paesi vulnerabili a compiere la transizione verde”, quindi “più aiuti ai paesi poveri”.

Intanto si lavora già a un preaccordo e l’inviato del presidente americano per clima John Kerry è a Londra per confrontarsi con la controparte cinese sugli sforzi per fronteggiare la crisi climatica.

La scienza dunque martella con rapporti e numeri sui rischi dei cambiamenti climatici, i disastri ambientali si abbattono con sempre maggiore frequenza, ma i governi non assicurano ancora impegni netti e immediati. E il tempo vola. Il nuovo traguardo indicato dall’Unep è dunque otto anni per fare i piani, mettere in atto le politiche, implementarle.

La pandemia di Covid-19, ha spiegato l’Unep, ha portato a un calo “senza precedenti”, del 5,4%, delle emissioni globali nel 2020. Tuttavia anche questo non è stato sufficiente. L’Agenzia dell’Onu per l’ambiente ha affermato che gli impegni più recenti avrebbero ridotto del 7,5% i livelli di emissioni 2030 già previsti. Ma molti Paesi non hanno saputo approfittare del salvataggio fiscale e della spesa per la ripresa per stimolare l’economia mettendo al centro il clima.

L’Unep confida nella promessa (ancora vaga in alcuni casi) di alcuni Paesi di azzerare le emissioni nette, che potrebbero portare il previsto aumento della temperatura globale a 2,2 gradi e quindi con ulteriori azioni prevenire gli impatti più catastrofici del cambiamento climatico. Intanto, però, una enorme mano nel breve periodo può arrivare tagliando l’uso del metano (il secondo più importante gas serra dopo la Co2) nei settori dei combustibili fossili, dei rifiuti e dell’agricoltura.

(di Stefania De Francesco/ANSA)

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