Caos centrodestra, Salvini rilancia la Lega di lotta

Matteo Salvini, Luca Zaia (a destra), e Attilio Fontana (a sinistra).
Matteo Salvini, Luca Zaia (a destra), e Attilio Fontana (a sinistra). ANSA

ROMA. – Dall’autocritica di ieri, fatta a tre ore dalla chiusura delle urne, alla conta dei sindaci conquistati dalla Lega (“almeno 69 in più”) fino allo ‘strappo’ dal governo disertando il Consiglio dei ministri. Tutto in 24 ore. Cambia così la strategia di Matteo Salvini che, complice il presunto poco tempo – solo mezz’ora, secondo la Lega – dato ai suoi ministri a Palazzo Chigi per valutare i dettagli della delega fiscale, ora punta i piedi e si prepara alla battaglia.

Tentato forse dal ritorno a quella Lega di lotta che potrebbe pagare più di quella di governo. Un cambio in corsa difficile da realizzare nell’attuale caos del centrodestra, fiaccato nelle grandi città al voto. Soprattutto il Carroccio, alle prese anche con lo smacco di Fratelli d’Italia che invece cresce quasi ovunque e rivendica un primato sulla coalizione, da Roma a Bologna.

Dall’altro lato c’è la tenuta di Forza Italia (in Calabria, in particolare dove è primo partito con il 17,31%) che paradossalmente ora è molto vicina alle percentuali, non più stellari, della Lega e rimarca la crucialità dei moderati nell’alleanza. Non a caso Silvio Berlusconi dovrebbe tornare nei prossimi giorni a Roma, dopo la lunga assenza causa Covid.

Il giorno dopo la prova delle amministrative, il segretario della Lega non nasconde il nervosismo e l’irritazione nella conferenza stampa convocata alla Camera. Doveva essere l’occasione per fare un bilancio del voto e invece è la replica piccata al premier Draghi dopo la forzatura sul fisco.

A quel punto, forse sulla scia del risentimento per lo sprint del premier, cambia tono. Sembra rimangiarsi il ‘nostra culpa’ fatto ieri al Tg 1 a nome del centrodestra (“candidati scelti troppo tardi”) ed elenca tutti i Comuni incassati: “La Lega fa il pieno nelle storiche roccaforti di Lombardia e Veneto, ma incassa buone notizie anche nel Lazio, in Campania o in Basilicata”, dice. In realtà per il suo partito la batosta c’è stata eccome.

Quella che brucia di più è la sua città, Milano ma anche Bologna dove il secondo partito, dopo il Pd, è quello di Giorgia Meloni che non tace e rivendica il primato nella coalizione. Inoltre, inevitabilmente spinge sul risultato nella Capitale dove Enrico Michetti sfiderà Roberto Gualtieri al ballottaggio.

Ed escluso Roberto Di Piazza a Trieste, storico esponente di FI, e Paolo Damilano a Torino che però è slegato da ogni partito, Michetti è l’unico candidato voluto da FdI che si gioca il secondo turno da civico. Eppure anche per Meloni è tempo di “serrare i ranghi”, come invita a fare gli altri alleati proprio per provare a vincere a Roma.

Quindi a Salvini e Berlusconi chiede lealtà: “Non mi accollo io Michetti che è un professionista stimato e che può contare su di me, ma credo anche sul resto del centrodestra”, sottolinea con il ‘tribuno della radio accanto in una conferenza stampa. “Questo è un gioco di squadra”.

Poi però punzecchia il leghista sulla partita del Quirinale, ribadendo la sfida lanciata ieri a Enrico Letta. In realtà il messaggio sembra più rivolto alla Lega sulla disponibilità all’ipotesi di Draghi al Colle a patto che si vada a votare subito. Oggi Meloni va oltre e fa una fuga in avanti: “Il centrodestra è d’accordo sul fatto che Draghi potrebbe essere un buon presidente della Repubblica e che in quel caso si potrebbe tornare a votare subito”.

A smentirla poco dopo, su un’eventuale intesa, è Forza Italia stupita dalle dichiarazioni a nome della coalizione e specificando che non c’è nessun accordo nel centrodestra su questo. Salvini glissa e si limita a ripetere che delle elezioni di febbraio parlerà allora, ora si parla di ottobre”.

Sintonia però tra FdI e Lega sulla diserzione sulla delega fiscale per il rischio di nuove tasse.” Credo che Salvini faccia bene a non votare una delega in bianco, anche perché nel Parlamento il centrosinistra è molto più forte nei numeri”, osserva Meloni da Vespa. Difende invece il governo il ministro forzista Roberto Brunetta: “Ha perfettamente ragione il presidente Draghi: non ci sarà alcun aumento delle tasse sulla casa”.

(di Michela Suglia/ANSA)

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