Pandora Papers: l’Ue prepara la stretta sull’evasione

Il primo ministro ceco Andrej Babis
Il primo ministro ceco Andrej Babis . ANSA/SZILARD KOSZTICSAK HUNGARY OUT

WASHINGTON. – I Pandora Papers scuotono le capitali e i vip di mezzo mondo, e di ora in ora si allunga l’elenco delle personalità coinvolte così come quello delle inevitabili smentite. Intanto l’Europa si dice pronta ad usare il pugno di ferro con una nuova stretta sull’evasione e l’elusione fiscale, prendendo di mira soprattutto quella rete di società di comodo al centro dell’inchiesta condotta dal Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi.

Inchiesta condotta da 150 testate mondiali (l’Espresso per l’Italia) che ha portato alla luce ben dodici milioni di documenti sui paradisi offshore di capi di Stato e di governo e di migliaia di personalità del mondo della finanza, dello spettacolo e dello sport.

“Presenteremo una proposta prima della fine dell’anno”, ha assicurato a Bruxelles il commissario agli Affari economici e monetari Paolo Gentiloni, che ha parlato di “abuso” delle società di comodo che va perseguito ed eliminato.

“La Commissione è stata molta proattiva negli ultimi anni nell’affrontare questo tema e ha messo in campo un’agenda ambiziosa sulla trasparenza fiscale”, ha quindi sottolineato la portavoce della Commissione Ue, Dana Spinant, mentre al Parlamento europeo, riunito in sessione plenaria a Strasburgo,  il primo dibattito sulle nuove rivelazioni si svolgerà nella giornata di mercoledì. L’obiettivo è di votare una risoluzione nella prossima sessione plenaria.

Da Mosca ad Amman, da Londra a Brasilia fioccano nel frattempo le reazioni di chi definisce le rivelazioni dei Pandora Papers infondate o completamente false. Il portavoce del Cremlino, Dimitri Peskov, respinge con forza le accuse mosse all’inner circle di Vladimir Putin, compresa la sua presunta amante Svetlana Krivonogikh che avrebbe conservato un tesoro di circa 4 milioni di dollari a Montecarlo investiti nel 2003 in un lussuosissimo appartamento vista mare.

“Sono accuse infondate” che non possono essere la base per alcuna verifica, ha detto Peskov, per il quale “l’unica cosa che effettivamente cattura l’attenzione è la dimostrazione di quale Stato è la più grande voragine fiscale e offshore del mondo. E, naturalmente, sono gli Stati Uniti”. Una frecciata a Washington nel momento in cui Joe Biden tenta di recuperare credibilità sulla scena internazionale.

Il riferimento del portavoce di Putin è ai paradisi fiscali statunitensi come lo stato del South Dakota o quello dello stesso presidente Usa, il Delaware. Secondo i Pandora Papers non hanno nulla da invidiare alle “opache giurisdizioni in Europa e nei Caraibi”.

Decine di milioni di dollari proveniente dall’estero, ha rivelato il Washington Post, vengono parcheggiati in società di comodo con sede soprattutto a Sioux Falls, capitale del South Dakota. E come se non bastasse gran parte di questi fondi sarebbe legata a persone e aziende accusate di abusi sul fronte dei diritti umani o di altri reati finanziari.

Imbarazzo anche in Giordania, dove la Casa Reale ha definito “inaccurate, distorte ed esagerate” le rivelazioni sulle operazioni del re Abdullah II e della sua famiglia. Mentre in America Latina nel mirino ci sono anche tre presidenti, quelli di Cile, Ecuador e Repubblica Dominicana.

In Brasile sono finiti tra i nomi dei Pandora Papers il ministro delle Finanze e il numero uno della banca centrale. Infine fa scalpore in Europa il coinvolgimento del presidente ucraino Volodymyr Zelenski, il cui fiore all’occhiello è sempre stato quello della trasparenza e della lotta senza tregua alla corruzione.

(di Ugo Caltagirone/ANSA).

Lascia un commento