Sarkozy condannato a un anno per finanziamento illecito

L' ex presidente francese Nicolas Sarkozy in un immagine d'archivio.
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PARIGI. – É arrivata la seconda condanna per Nicolas Sarkozy, l’ex capo dello Stato francese rincorso dai fantasmi del quinquennio trascorso all’Eliseo: un anno di carcere senza condizionale che sarà scontato – se il ricorso in appello subito annunciato non avrà l’esito sperato – con il braccialetto elettronico.

Dopo essere diventato il primo ex presidente a subire una condanna al carcere (3 anni di cui 2 senza condizionale, 7 mesi fa, per il caso delle intercettazioni) Sarkozy stavolta è stato condannato per il caso Bygmalion, il finanziamento illecito della sua campagna presidenziale del 2012. L’imputato Sarko’ ha sempre respinto le accuse e non si è mai presentato in aula, salvo il giorno del suo interrogatorio. Neppure oggi c’era per la lettura della sentenza.

Nervosissimo, l’avvocato e amico Thierry Herzog ha annunciato subito ai giornalisti presenti che Sarkozy “mi ha chiesto di fare appello e io lo presenterò immediatamente”. In caso di conferma della condanna l’ex capo di Stato dovrà scontare la pena, non il carcere, hanno già annunciato i giudici. Per lui si profila lo spettro del braccialetto elettronico.

Non solo l’avvocato Herzog, ma molti altri sostenitori e persone vicine a Sarkozy sono rimasti sorpresi dalla severità della pena inflitta, addirittura superiore a quanto era stato chiesto dall’accusa (un anno, di cui soltanto la metà da scontare): “Il massimo della pena – ha commentato amaro il legale -. Il presidente Sarkozy non ha mai chiesto di essere trattato meglio di altri, ma non c’è neppure motivo di trattarlo peggio”.

Il tribunale ha ritenuto che Sarko’ – nella campagna elettorale del 2012 al termine della quale fu sconfitto dal socialista François Hollande – abbia “proseguito nell’organizzazione di comizi” elettorali, “chiedendone uno al giorno”, mentre era stato “avvertito per scritto” del rischio di sforamento del tetto legale delle spese, poi dell’effettivo superamento della cifra.

La presidente del tribunale, Caroline Viguier, ha sottolineato che Sarkozy “non era alla sua prima campagna elettorale, aveva un’esperienza di candidato, una conoscenza del diritto” e “dell’ammontare legale del plafond” di spesa autorizzata.

Quindi, parlando di “violazioni di una gravità senza precedenti”, ha accusato l’ex presidente di aver “volontariamente omesso di esercitare un qualsiasi controllo sulle spese”. Al punto da arrivare, a fine campagna, a 42,8 milioni di euro, praticamente il doppio di quello che avrebbe potuto spendere secondo la legge.

Sul banco degli imputati erano in 14. Oltre a Sarkozy, ex dirigenti della sua campagna elettorale e del suo partito, che non si chiamava ancora Républicains come oggi ma UMP, ma anche personaggi della società Bygmalion che organizzava i comizi e commercialisti.

Tutti risultati colpevoli per complicità in finanziamento illegale ma, a differenza dell’ex capo dello Stato, anche di aver messo in piedi il sistema delle fatture false con il quale consentirono quel falso finanziamento. Sarkozy di come funzionasse quel sistema e della sua stessa esistenza non era al corrente, secondo la giuria.

Fra i condannati (a 3 anni di carcere di cui due da scontare) anche Jerome Lavrilleux, il numero 2 della campagna presidenziale, apparso prostrato al punto da rinunciare probabilmente anche all’appello. Gli ex dirigenti della società Bygmalion e del partito UMP dovranno versare inoltre un totale di 80.000 euro ai Républicains per il danno subito dal partito.

In occasione dell’interrogatorio, Sarkozy aveva negato tutte le accuse, in blocco: “Ci sono state false fatture e accordi fittizi, ma quel denaro non è finito nella mia campagna, altrimenti lo avremmo visto”.

Secondo lui anzi la società Bygmalion, creata da personaggi vicini al suo rivale nel partito, Jean-Francois Copé, si era “abbuffata” alle spalle della sua campagna.  Ma l’atteggiamento di totale rifiuto dell’impianto accusatorio da parte di Sarkozy, e la sua assenza  in aula, avevano irritato i magistrati.

La sentenza di oggi – a 7 mesi dalle presidenziali – ha destato a destra molta preoccupazione e tiepidi sostegni per il condannato. Bruno Retailleau, capogruppo al Senato, ha parlato di un verdetto “severo, inconsueto ed esorbitante”.

(di Tullio Giannotti/ANSA).

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