Draghi: “Sul Colle decide il Parlamento”. Nodo elezioni per partiti

Il palazzo del Quirinale.
Il palazzo del Quirinale. ANSA/CLAUDIO PERI

ROMA. – Non prende posizione ma non chiude. E così, spiegano fonti di governo di primo piano, il presidente del Consiglio continuerà a mantenere a lungo un simile atteggiamento. Mario Draghi, nella conferenza stampa sulla Nadef, si trova nuovamente ad affrontare il “grande quesito” che aleggia ormai in ogni angolo dei palazzi romani: l’uomo che per la stragrande maggioranza dei partiti ha salvato l’Italia farà il salto al Colle più alto?

La domanda è dirimente. Draghi lo sa e non ha alcuna intenzione di entrare in un argomento esplosivo. Anche perché il rebus del Colle porta con sé una prospettiva che, con il taglio dei parlamentari in vigore, in tanti nelle Camere vedono un po’ come Belzebù: il voto anticipato prima dei 4 anni e 6 mesi che assicurano il diritto alla pensione.

Al Quirinale del resto, ambienti parlamentari fanno notare come non si guardi certo con piacere all’ingresso acclarato del rebus Colle nel dibattito politico. Come Draghi, anche Sergio Mattarella si è guardato bene dal dare il minimo indizio sul suo futuro.

Certo, da garante delle istituzioni, il capo dello Stato non può che tenere altissima la vigilanza su uno schema che, pur essendo presente nei capannelli di parlamentari, ha un suo elevato grado di spregiudicatezza: votare un bis dell’attuale presidente della Repubblica “approfittando” della sua disponibilità fino alla chiusura della legislatura. Con un eventuale successiva salita al Colle di Draghi.

Il problema attuale, tuttavia, per il premier e per la salute dell’Esecutivo è che i partiti sono quantomai divisi sull’argomento. Nelle ultime 48 ore ben tre ministri – Giancarlo Giorgetti, Massimo Garavaglia e Renato Brunetta – si sono schierati nettamente per l’elezione di Draghi a presidente della Repubblica. Ma è questa una posizione di tutto il centrodestra?

No. Nella Lega, ad esempio, c’è chi argomenta che il disegno di Giorgetti sarebbe quello di eleggere Draghi al Quirinale auto- candidandosi come suo successore a Palazzo Chigi. E l’ipotesi, nei giorni del grande freddo tra Giorgetti e Matteo Salvini, ad una fetta del partito non può che essere indigesta. “Senza Draghi avremmo ancora un Paese alle urne, se andrà al Quirinale dipende da lui”, frena un big come Luca Zaia.

Poi c’è il M5S, portatore del più numeroso gruppo parlamentare della maggioranza. Giuseppe Conte, sull’argomento, si muove con prudenza massima. Eppure, più di un esponente del Movimento, sarebbe pronto a scommettere che all’ex premier lo schema che vede Draghi al Colle e il ritorno alle urne non dispiacerebbe affatto dato che, al momento, il consenso dell’avvocato del Popolo è ancora piuttosto alto.

Il rischio, tuttavia, è che nel segreto dell’urna i gruppi pentastellati, su Draghi, potrebbero spaccarsi. Pensando anche all’ombra del ritorno alle elezioni. E non a caso Luigi Di Maio, che in teoria non avrebbe problemi di rielezione, sull’argomento non ha alcuna intenzione ad esporsi, limitandosi però a osservare che “le elezioni anticipate non fanno il bene del Paese.

Il Pd, prima della moratoria di Enrico Letta, aveva dato evidenti cenni di guardare a un bis di Mattarella. Ora, tra i Dem, la parola d’ordine è non aprire la campagna per il Colle. Ma la campagna, di fatto, è già aperta. Ed avrebbe anche una “terza via”, si ragiona in ambienti parlamentari della maggioranza, difficile ma non impossibile: quella che vede Draghi al Colle con un nuovo premier alla guida dell’Italia almeno fino all’autunno del 2022.

(di Michele Esposito/ANSA)

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