Draghi al Quirinale e il ritorno al voto nel 2022?

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il Presidente del Consiglio Mario Draghi in occasione della cerimonia di giuramento del governo, 13 febbraio 2021
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il Presidente del Consiglio Mario Draghi in occasione della cerimonia di giuramento del governo, 13 febbraio 2021. (Foto di Paolo Giandotti - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

ROMA. – Mario Draghi al Quirinale e il ritorno al voto nel 2022 con il sì di Lega e Fdi, ma anche del Pd. E’ lo scenario su cui si interrogano in queste ore i partiti della maggioranza, dopo che il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, capo delegazione della Lega al governo e gran sostenitore di Draghi, ha definito “interesse del Paese” che l’attuale premier vada “subito” al Colle.

Su una ipotesi di questo tipo, come riconosce lo stesso Giorgetti, pende un enorme macigno: andare alle elezioni anticipate rischierebbe di interrompere il lavoro sul Recovery plan avviato da Draghi. E questo è il dubbio che frena al momento Enrico Letta. Ma nella maggioranza del Partito democratico c’è chi – è questa la novità – si dice pronto ad andare a vedere le carte: “Se Draghi accetta di andare al Quirinale – è il ragionamento di un dirigente – nessuno può dire no e nelle urne col centrodestra ce la giocheremmo”.

Nulla finora è trapelato e nulla trapela da Palazzo Chigi: Draghi ha sempre rifiutato di toccare il tema, anche per una questione di rispetto verso Sergio Mattarella. Tra i partiti c’è chi sostiene che il premier conoscesse da tempo le idee del suo ministro al riguardo. E legge quello di Giorgetti come un tentativo di sondare il terreno, verificare i margini per l’elezione al Colle e il voto o, al contrario, per l’ipotesi di un governo ‘draghiano’ che traghetti il Paese alle elezioni nel 2023.

Dall’entourage di Giorgetti accolgono con “stupore” il clamore e le speculazioni sulle parole del ministro. Ma tutti i partiti pesano con attenzione il passaggio in cui dice che l’ipotesi, finora la preferita dal centrosinistra, di un bis di Mattarella sarebbe osteggiata non solo da Giorgia Meloni, anche da Matteo Salvini.

“Rispettiamo il travaglio interno agli altri partiti, ma è sempre più evidente che la Lega esprime al proprio interno due linee politiche contrastanti e inconciliabili”, osservano dal Nazareno, riportando l’uscita del ministro a un confronto di linee tutto interno alla Lega.

C’è un altro aspetto, di cui tener conto: Draghi a Palazzo Chigi è al lavoro per mettere in sicurezza il Recovery plan e le riforme cruciali per ottenere i fondi europei e in Ue dovrà trattare il difficile tema del ritorno al patto di stabilità e della sua riforma. Come interrompere la sua esperienza? E’ quello che si chiede l’ala Pd che spinge perché Draghi arrivi al 2023 e oltre.

Letta si tiene fedele alla moratoria che si è dato, perché non si parli di Colle fino a dopo le comunali. Lo fa a maggior ragione nei giorni finali di una delicata campagna elettorale per le comunali. E a domanda diretta respinge “l’idea, per motivi politici e per convenienza politica, che prima si vota e meglio è”: “Sono totalmente contrario all’idea che giochetti politici impediscano ad un governo che sta lavorando bene di fare le cose che sta facendo, sarebbe da irresponsabili”.

Ma a corollario di questo discorso c’è chi, nella maggioranza Dem, osserva che certo, il discorso sarebbe diverso se Draghi accettasse di essere candidato alla successione a Sergio Mattarella. In quel caso il ritorno alle urne sarebbe uno scenario poi non così spaventoso, se il voto delle comunali confermerà il trend positivo del Pd e le difficoltà del centrodestra.

E’ uno scenario complicato, anche perché osteggiato dalle miriadi di parlamentari che con il taglio degli eletti resterebbe fuori dal Parlamento: “Oggi non mi pare uno scenario così realistico”, si rammarica Giorgia Meloni. Ma il voto nel 2022 avrebbe il pregio, per Letta come per Salvini, di comporre le liste elettorali e rinviare eventuali dispute congressuali.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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