Aborto, San Marino: entro sei mesi la norma che cancella la reclusione

A San Marino si vota per l'aborto.
A San Marino si vota per l'aborto. (Archivio)

RIMINI. – Non hanno potuto brindare col prosecco perché a San Marino un’antica legge vieta ai locali pubblici di vendere alcolici nel giorno della chiamata alle urne, ma le attiviste dell’Uds, l’Unione Donne Sammarinesi dopo la vittoria schiacciante del sì con oltre il 77% al referendum che depenalizza l’aborto, hanno festeggiato ugualmente al ritrovo del Bar Tabarrini.

Dopo 43 anni dalla legge italiana, il Titano dovrà approvare entro sei mesi da ieri, un norma che cancella la reclusione fino a 6 anni per l’interruzione di gravidanza entro la dodicesima settimana di gestazione e anche successivamente se vi sia pericolo per la vita della donna o se vi siano anomalie e malformazioni del feto che comportino grave rischio per la salute fisica o psicologica della donna.

“Vigileremo affinché venga approvata una legge che recepisca in toto il quesito referendario”, annuncia l’esponente dell’Uds, Vanessa Muratori, l’ex parlamentare che, nel 2003, con Rifondazione Comunista presentò il primo progetto di legge sull’aborto. “Allora c’era un Governo di maggioranza democristiana e la proposta fu bocciata – continua -. Nel 2014 ci fu un ulteriore tentativo con un comitato civico, ma questa volta la campagna è stata più articolata strutturata.

Il risultato così schiacciante è sicuramente sintomo che nella mentalità sammarinese qualcosa da tempo è cambiato e nonostante i tanti governi anche di sinistra questa non era mai sembrata una priorità. La politica sammarinese ha sempre visto una sovra-rappresentanza di forze legate ad ambienti cattolici e conservatori – aggiunge – ma abbiamo assistito ad uno scollamento di tutto ciò con la società civile e delle donne che hanno votato con una maggioranza rispetto agli uomini di almeno il 20%”.

Notevole anche il sostegno avuto dall’estero. “Ci sono state donne cittadine sammarinese – spiega ancora Muratori – che sono arrivate da New York, dalla Spagna e dalla Francia per votare. Noi continueremo a lavorare per i diritti delle donne”.

Nel ringraziare gli elettori per l’esito della consultazione, la stessa Uds, in una nota, osserva come la “popolazione abbia confermato che sui diritti civili è in sintonia con l’Europa più avanzata: sarà ora compito della politica recuperare il tempo perduto e fare una legge, anche più moderna della 194 italiana, che recepisca il quesito e renda l’ivg legale, sicura e accessibile”.

E se sul fronte del Si, la soddisfazione è il sentimento preponderante, su quello opposto, per le associazioni a sostegno del No è la scarsa affluenza alle urne (ha votato 41,11% e il quorum non è previsto) il motivo della sconfitta. “A San Marino, a causa del 32,4% degli aventi diritto al voto, è stato ottenuto il diritto di abbandonare le donne alle paure, al dolore e alla solitudine e il diritto di uccidere i bambini più fragili e imperfetti in grembo, addirittura fino al nono mese. – così recita su Facebook un comunicato di Toni Brandi, Presidente di Pro Vita & Famiglia – e questo è profondamente ingiusto, anche quando legale. Hanno vinto le menzogne sulla pelle delle donne e dei loro figli”.

Adesso l’iter legislativo partirà con l’incarico che i Capitani Reggenti affideranno al Congresso di Stato, il governo sammarinese, di stendere la nuova norma da sottoporre poi al Collegio Garante che ne verificherà la conformità con il quesito referendario.

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