I talebani sfilano a Kabul, al Qaida festeggia

Le autorità talebane guidate dal portavoce Zabihullah Mujahid allo scalo di Kabul (ANSA/AFP)
Le autorità talebane guidate dal portavoce Zabihullah Mujahid allo scalo di Kabul (ANSA/AFP)

ROMA.  – Nella notte della definitiva uscita di scena degli Stati Uniti dall’Afghanistan, dormire a Kabul è stato impossibile. Alla partenza dell’ultimo volo americano, i talebani hanno festeggiato sparando in aria per tutta la città e le urla di gioia dei militanti si sono rincorse nelle strade per ore. Adesso è davvero il tempo dell’Emirato islamico nel Paese.

“Alla mezzanotte in punto gli ultimi soldati americani hanno lasciato l’aeroporto di Kabul e il nostro Paese ha conquistato la completa indipendenza. Sia lode a Dio”, ha annunciato nella notte il portavoce Zabihullah Mujahid.

Al mattino c’è stata la passeggiata trionfale allo scalo della capitale, l’ultimo spazio abbandonato dal controllo straniero. “Congratulazioni all’Afghanistan, questa vittoria appartiene a tutti noi”, ha gridato Mujahid sulla pista. Ora l’Afghanistan è uno stato “libero e sovrano” sotto il dominio dei Talebani, che differenza di vent’anni fa, vogliono “avere buoni rapporti con gli Stati Uniti e il mondo”.

Ma intanto a festeggiare insieme a loro è Al Qaida, che si è fatta sentiré congratulandosi con gli islamisti afghani per la “vittoria”. “É una lezione e un esempio per tutti i jihadisti”, ha detto il gruppo terroristico, invitando “le masse” in Europa e nell’est dell’Asia a “liberarsi dall’egemonia americana e occidentale”.

Ora, la sfida dell’Emirato islamico sarà creare un governo capace di riportare a galla un Paese in ginocchio per una crisi devastante.

Mentre a nord di Kabul, nella provincia ribelle del Panshir, scorre il primo sangue: otto talebani sono stati uccisi dopo uno scontro con i militanti anti-jihadisti, ha riferito Fahim Dashti, portavoce delle Forze di resistenza nazionali (Nrf) fedeli ad Ahmad Massoud.

Il territorio è l’unico a resistere ai talebani sotto la guida del figlio dell’ex comandante mujaheddin Ahmad Shah Massoud. Le due parti erano finora impegnate in negoziati, evitando di combattere, fino a lunedì notte.

In ogni caso, quella della resistenza è solo una delle questioni che i Talebani dovranno risolvere, se vogliono portare stabilità nel Paese. Per farlo, dovranno innanzitutto varare il “governo inclusivo” promesso da settimane.

L’annuncio è atteso nei prossimi giorni e Mujahid ha ribadito che rappresenterà tutto il popolo afghano, perché i talebani “non risparmieranno gli sforzi per ripristinare la nostra unità nazionale”.

L’Emirato islamico cerca poi “buone relazioni” con la comunità internazionale. Ma gli Stati Uniti “lavoreranno” con gli islamisti solo se manterranno i loro impegni, ha avvertito il segretario di Stato Usa Antony Blinken. Dovranno “guadagnarsi” la legittimità o il supporto del mondo, ha aggiunto.

La formazione del nuovo Esecutivo islamico e la nomina dei membri del gabinetto sono state discusse “in dettaglio” in una riunione consultiva di tre giorni con il Rahbari Shura (Consiglio direttivo) dei talebani a Kandahar, presieduta dal leader supremo del movimento, Hibatullah Akhunzada.

La leadership ha parlato inoltre delle attuali questioni politiche, di sicurezza e sociali. Perché la crisi è nera nel Paese: le istituzioni non funzionano e migliaia di persone fanno la fila ogni giorno fuori dalle banche nella speranza di poter ritirare qualche soldo per vivere. I talebani non hanno accesso a miliardi di dollari dalla banca centrale e dal Fmi, in gran parte controllati dagli Stati Uniti e dalle istituzioni internazionali.

“È naturale che quando c’è un cambio di regime, all’inizio avrai delle sfide”, ha dichiarato Hanas Haqqani, uno dei leader della temibile rete Haqqani alleata ai talebani.

“La gente è felice che i militanti talebani abbiano portato la pace in Afghanistan”, secondo la sua versione. Ma di pace e di gioia non c’è traccia tra la gente. “Piango da stamattina”, racconta al Guardian Arifa Ahmadi (nome di fantasia), una delle tante donne ripiombate nel terrore.

“Mio fratello è uscito e mi ha comprato un burqa, oggi ho bruciato i jeans. Piangevo e li bruciavo, bruciavo le mie speranze con loro. Niente mi renderà più felice. Sto solo aspettando la mia morte, non voglio più questa vita”.

(di Stefano Intreccialagli/ANSA).

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