“Non ci sono certezze”, gli 007 Usa si arrendono sul virus

Esperti Oms visitano istituto di virologia di Wuhan. Immagine d'archivio.
Esperti Oms visitano istituto di virologia di Wuhan. Immagine d'archivio. (ANSA)

WASHINGTON. – Gli Usa si arrendono non solo ai talebani ma anche all’impossibilità di accertare l’origine del Covid-19, che finora ha causato oltre quattro milioni di morti nel mondo.

Il rapporto classificato che Joe Biden aveva ordinato tre mesi fa all’intelligence americana è stato inconcludente, ossia non ha permesso di stabilire se il virus è saltato da un animale all’uomo o se sia sfuggito a un laboratorio di massima sicurezza come quello di Wuhan.

Colpa in parte del fatto che la Cina non ha fornito sufficienti informazioni, riferiscono i media Usa, sottolineando però che questo è un lavoro più da scienziati che da spie.

Immediata la replica di Pechino, che proprio oggi ha scartato  una nuova inchiesta dell’Oms sul suo territorio sull’ipotesi  dell’incidente di laboratorio. “La Cina non ha bisogno di provare la sua innocenza, se gli Stati Uniti pensano invece che siamo colpevoli allora devono presentare delle prove”, ha contrattaccato Fu Cong, direttore generale del dipartimento di controllo degli armamenti presso il ministero degli Affari esteri.

Un rapporto “politico” con l’obiettivo di voler “reprimere altri Paesi”, gli ha fatto eco il portavoce della diplomazia cinese Wang Wenbin, secondo cui gli 007 americani “non possono trarre conclusioni scientifiche sull’origine del virus, causando solo interferenze e danni alla comunità internazionale e alla cooperazione globale contro la pandemia”.

Nuove scintille quindi tra Washington e Pechino, nonostante la necessità di coinvolgere anche il Dragone per una transizione morbida in Afghanistan. Temendo i risultati dell’intelligence Usa, la Cina stava già giocando d’anticipo rilanciando negli ultimi tempi le sue accuse che il coronavirus è uscito da un laboratorio americano.

Questa settimana, ad esempio, il portavoce del ministero degli Esteri cinese ha usato ripetutamente il podio ufficiale per sostenere la tesi finora mai provata che il virus potrebbe essere fuoriuscito dal centro di ricerca della base militare di Fort Detrick, in Maryland.

Dal canto suo The Global Times, giornale del partito comunista, ha lanciato una petizione online in luglio per chiedere un’indagine su questo laboratorio riferendo di aver raccolto oltre 25 milioni di firme. I media statali hanno inoltre promosso una canzone rap di un gruppo hip-hop patriottico cinese che evoca la stessa accusa: “Quanti complotti escono dai vostri laboratori? Quanti cadaveri in attesa di un cartellino?”, recita il testo.

A riaccendere le tensioni è stato anche il viaggio della vicepresidente Kamala Harris nel sudest asiatico, dove ha accusato Pechino di “coercizione e intimidazione” nelle acque contese del mar Cinese meridionale, con azioni che “minacciano l’ordine basato sulle regole internazionali”.

In maggio Biden aveva chiesto un supplemento di indagini entro 90 giorni dopo aver ricevuto all’inizio di maggio un primo rapporto degli 007 senza un esito univoco, spiegando che la comunità d’intelligence si era unita “intorno a due probabili scenari”, ossia il contatto umano con un animale contagiato o un incidente di laboratorio, senza però raggiungere “una conclusione definitiva”.

Ad aumentare la pressione per ulteriori approfondimenti una lettera nello stesso mese di numerosi scienziati su Science sulla necessità di indagare l’ipotesi della fuga da laboratorio.

E le precedenti rivelazioni che tre ricercatori dell’istituto di virologia a Wuhan si ammalarono di una patologia non meglio precisata nel novembre del 2019 a tal punto da farsi ricoverare in ospedale, mentre il primo caso ufficiale di contagio da Covid risale all’8 dicembre.

A lanciare la crociata contro Pechino era stato lo scorso anno Donald Trump, convinto che il “virus cinese” fosse nato in laboratorio.

Ma anche l’ultimo rapporto delle spie Usa, che dovrebbe essere in parte declassificato in settimana, conclude che non è stato possibile raggiungere un consenso finale sull’analisi di materiali vecchi e nuovi.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA).

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