“Le donne a casa, per ora non possono lavorare”

Il portavoce dei Talebani Zabiullah Mujahid in una conferenza stampa a Kabul.
Il portavoce dei Talebani Zabiullah Mujahid in una conferenza stampa a Kabul. (ANSA)

ROMA.  – Con gli occhi del mondo puntati addosso, i talebani respingono le accuse di violenze e abusi che si moltiplicano da giorni. Ma per il momento, avvertono, “le donne devono restare a casa”, senza andare a lavoro.

“É per il loro bene, per impedire maltrattamenti”, dice il portavoce Zabihullah Mujahid parlando ai giornalisti nella seconda conferenza stampa dopo il ritorno dell’Emirato islamico in Afghanistan e assicurando che quella di impedire alle donne di lavorare è una decisione “temporanea”.

Perché “le forze di sicurezza al momento non sono operative e non sono addestrate nell’affrontare la donna, nel parlare con le donne”. Quindi, “in questo momento dobbiamo fermare le donne finché non ci sarà una piena sicurezza per loro. Quando ci sarà un sistema appropriato, potranno tornare a lavoro”.

Ma sono rassicurazioni che convincono pochi. Dalla parità di diritti sbandierata nei giorni scorsi si è già passati al “rimanete a casa” e per le donne torna l’incubo delle violazioni in un Paese riportato indietro di vent’anni. Proprio questo è un tema che preoccupa molto l’Occidente.

I leader del G7 hanno dichiarato che i talebani “saranno ritenuti responsabili delle loro azioni” sul terrorismo e sui diritti umani, “in particolare quelli delle donne”. Mentre l’alto commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani Michelle Bachelet ha rivolto un appello ai nuovi padroni di Kabul affinché rispettino diritti e libertà delle donne e delle bambine afghane, definendole una “linea rossa”.

Non c’è solo questo. Bachelet ha infatti ricevuto notizie da “fonti attendibili” che gli islamisti stanno commettendo “esecuzioni sommarie di civili e soldati afghani” e ha chiesto al Consiglio Onu sui Diritti Umani di creare al più presto un meccanismo per monitorare da vicino le azioni dei talebani.

L’Emirato islamico ovviamente nega. “Non inseguiamo nessuno, non diamo la caccia a nessuno, non ci sono stati incidenti in nessuna parte del Paese, non abbiamo nessuna lista. Noi vogliamo portare pace e sicurezza”, ha detto Mujahid, che ha chiesto ancora una volta ad ambasciate e organizzazioni internazionali di restare in Afghanistan perché per loro non c’è alcun pericolo.

Al termine della riunione straordinaria sull’Afghanistan, il Consiglio Onu per i diritti umani ha adottato una risoluzione che si limita a chiedere a Bachelet di presentare rapporti sulla situazione nel Paese alle prossime sessioni.

Un documento criticato per la sua debolezza dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani e da diversi Paesi. Perché nonostante le parole, nelle decisioni dei talebani non si riescono a scorgere cambiamenti rispetto al passato. A partire dal divieto per gli afghani di recarsi all’aeroporto per lasciare Kabul, annunciato in conferenza stampa da Mujahid.

Intanto, mentre prosegue il dialogo per un governo inclusivo, continua lo stallo nella provincia del Panshir, dove si concentra la resistenza anti-islamisti guidata da Ahmad Massoud.

“Un piccolo problema”, lo ha liquidato Mujahid, che ha ribadito che i talebani non vogliono “nessun tipo di guerra o battaglia in Afghanistan. Noi cerchiamo di parlare alla popolazione del Panshir, cerchiamo di incontrarli e risolvere il problema”. E l’appello è a “tornare a Kabul e convivere con noi. Non abbiate paura, abbiamo obiettivi comuni”.

(di Stefano Intreccialagli/ANSA).

Lascia un commento