Orban e Kurz alzano il muro, non vogliamo altri profughi

Il premier ungherese Viktor Orban al Parlamento Europeo. Archivio.
Il premier ungherese Viktor Orban al Parlamento Europeo. Archivio. (ANSA)

BRUXELLES. – É scontro in Europa sull’accoglienza dei profughi afgani. Da una parte il premier ungherese Viktor Orban, il cancelliere austriaco Sebastian Kurz e il presidente di turno sloveno del Consiglio Ue Janez Jansa che premono per blindare le frontiere dell’Europa e delegare esclusivamente ai Paesi confinanti del neonato Emirato islámico tutto il peso.

Dall’altra chi – come il commissario all’Economia Paolo Gentiloni, l’Alto rappresentante Josep Borrell o il presidente dell’Eurocamera David Sassoli – guarda invece alle possibili misure di solidarietà, con forme di accoglienza ordinata anche nell’Unione.

Sono stoccate a distanza. L’ultima in ordine di tempo è arrivata dall’ex premier italiano. “L’Ue si tolga l’alibi dell’unanimità” e sull’accoglienza dei richiedenti asilo afgani prenda una “decisione a maggioranza”, è stato il suo appello, ricordando che la direttiva sulla “protezione temporanea” prevede questa possibilità.

Anche Borrell, nella sua audizione straordinaria al Parlamento europeo di giovedì, aveva evocato la direttiva del 2001, mai utilizzata fino ad oggi. Una misura eccezionale che prevede un meccanismo strutturato per garantire la ripartizione del peso dell’accoglienza tra gli Stati, con trasferimenti tra Paesi “sulla base di offerte volontarie”.

Una norma che può entrare in vigore con una decisione a maggioranza qualificata. Ma giovedì stesso, un portavoce dell’Esecutivo comunitario con una nota aveva corretto il tiro: “La Commissione ha proposto di abrogare la direttiva e di sostituirla con un nuovo regolamento, meglio concepito per affrontare i flussi di persone, non tutte ammissibili alla protezione internazionale”.

Regole però ancora tutte da scrivere. Un sintomo forse anche questo della lotta che si va consumando dietro le quinte europee. Nello stesso contesto è da leggere il tweet del presidente di turno sloveno del Consiglio dell’Ue, Janez Jansa.

Nonostante il suo ruolo istituzionale, il primo ministro di Lubiana ha diffuso un messaggio di chiusura netta sull’ipotesi di corridoi umanitari. Una posizione in contrasto con l’orientamento espresso dalla leader della Commissione, Ursula von der Leyen, che durante la visita all’hub spagnolo per i profughi afgani (fatto allestire da Pedro Sanchez), ha rivolto un appello alle cancellerie affinché aumentino le quote per i reinsediamenti dei rifugiati. Un tema che riprenderà anche domani al G7.

A Jansa domenica aveva risposto immediato il numero uno dell’Eurocamera, David Sassoli. “Non spetta al presidente di turno dire cosa farà l’Unione europea”, l’aveva gelato. Ma col passare delle ore, come in un tam tam, allo sloveno si sono aggiunti Kurz e Orban.

“Gli eventi in Afghanistan sono drammatici, ma non dobbiamo ripetere gli errori del 2015. I profughi devono essere aiutati dagli Stati vicini”, ha messo in guardia l’austriaco. “Proteggeremo l’Ungheria dalla crisi dei migranti”, ha avvertito da parte sua l’ungherese.

Il premier greco Kyriakos Mitsotakis è invece passato alle vie di fatto, con la costruzione di una barriera di 40 chilometri al confine con la Turchia, una recinzione dotata di un sistema di sorveglianza per blindare la fortezza Europa.

(di Patrizia Antonini/ANSA)

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