“Mai più uno come lui”, la Germania piange Gerd Muller

Una foto d'archivio del 7 luglio 1974 mostra Gerd 'Bomber' Mueller che festeggia con il ct tedesco Helmut Schoen dopo la vittoria ai mondiali del 1974 tra Germania e Olanda. 
Una foto d'archivio del 7 luglio 1974 mostra Gerd 'Bomber' Mueller che festeggia con il ct tedesco Helmut Schoen dopo la vittoria ai mondiali del 1974 tra Germania e Olanda.  ANSA /SCHNOERRER

ROMA. – Il giorno dopo, la Germania piange ancora il suo eroe calcistico che non c’è più, Gerd Muller. Se n’è andato, come ricorda “Der Spiegel” “Il piu’ grande di tutti. Senza di lui non esisterebbe il Bayern Monaco così come è ora”.

Si associa uno che ha cercato di esserne l’erede in nazionale, Rudi Voeller: “Inimitabile. Nessuno farà meglio di lui”, il pensiero del campione del mondo di Italia ’90, che pure in fatto di gol la sa lunga, ma mai quanto “der bomber”.

“Non brontola piu'”, titola invece Die Zeit, uno dei principali quotidiani tedeschi, con un gioco di parole del verbo “mullern” legato anche al carattere del micidiale attaccante che andò a segno sia nella finale vinta degli Europei del 1972, contro l’Urss (doppietta) che in quella mondiale contro l’Olanda di due anni dopo.

E dopo quella partita Gerd Muller non volle più giocare in nazionale, per contrasti con la federcalcio dell’allora Germania Ovest, lasciando comunque un’impronta incancellabile: 68 gol in 62 partite.

Ma più che brontolare, Muller per un lungo periodo era stato proprio male, alle prese con una brutta forma di depressione che cercava di lenire con l’alcol. Soltanto con l’aiuto dei suoi ex compagni Franz Beckenbauer (“Gerd e io eravamo come fratelli”, lo ricorda l’ex capitano) e Sepp Maier, e con quello di Kalle Rummenigge, per il quale era stato un idolo, riuscì a venirne fuori con un lungo trattamento disintossicante pagato appunto dai partner di un tempo e dal campione di un altro Bayern, poi finito all’Inter. Perché Muller, tra l’altro, non se la passava bene neppure a livello finanziario.

Tutto cominciò quando, alla fine del 1981, smise di giocare dopo l’avventura americana nei Ft. Lauderdale Strikers: non riusciva a rassegnarsi all’idea di non essere più un calciatore, anzi “der bomber”.

“Con la testa avrei potuto giocare altri dieci anni – spiegò in un’intervista -, e il giorno dopo stavo già scivolando in fondo a quel buco nero: non avevo più nulla della mia vita precedente. Il gol era tutto, la mia droga, la mia ossessione, io avevo bisogno di un’altra ‘dose’ ma non c’era più e io mi sentivo perso. Pelé disse che segnare è come avere un orgasmo, ma per me era ancora meglio  Sapevo che sarebbe stata dura, ma non così dura”. E oggi anche O Rei gli rende omaggio: “Era un idolo, la sua morte é una stretta al cuore”.

La provano tutti quelli che lo hanno conosciuto da compagno o incontrato da avversarioe, come Enrico Albertosi, portiere dell’Italia a Messico ’70, secondo il quale se Muller non fosse esistito “non ci sarebbe stata nemmeno Italia-Germania 4-3”: fu lui infatti a segnare i due gol dei tedeschi nei supplementari, provocando un’incredibile girandola di emozioni e la disperazione degli azzurri fino alla rete decisiva di Rivera.

E fu sempre Muller, tuttora recordman delle reti segnate in Bundesliga con 365 a vincere tre Coppe dei Campioni con il suo amato Bayern (segnando in due delle tre finali), dove arrivò 19enne, nel 1964, e all’inizio non lo volevano far giocare per via di quel fisico “grasso e sgraziato” secondo Zlatko Cajkovski, l’allenatore dell’epoca.

Gerd lo convinse a suon di gol, 39 in 32 partite che per i bavaresi significarono la promozione in Bundesliga e l’inizio di una serie infinita di vittorie. Fu capace, con Beckenbauer, Hoeness, Maier e compagni, di spezzare perfino il dominio del calcio totale dell’Ajax e dell’Olanda, interrompendo una rivoluzione calcistica i cui effetti sono arrivati fino ad oggi.

Con lui giocava anche, da terzino sinistro, Paul Breitner che adesso lo ricorda così: “senza di lui non avremmo vinto nulla di quello che abbiamo vinto, al Bayern e in nazionale. E per nulla intendo proprio nulla”.

Per il presidente del club bavarese Herbert Hainer, invece, “Gerd Müller è stato il più grande attaccante della nostra storia, e una bella persona. Il Bayern non sarebbe un club così amato se nella sua storia non ci fosse stato Gerd Muller. Il suo nome e la sua memoria vivranno per sempre”.

 

(di Alessandro Castellani/ANSA)

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