Cinquant’anni fa addio alla convertibilità dollaro-oro, primo choc di sistema

Cinquant'anni fa addio alla convertibilità dollaro-oro
Cinquant'anni fa addio alla convertibilità dollaro-oro.

ROMA. – Ferragosto 1971: il mondo vive un momento di crisi politica ed economica e il presidente Nixon annuncia la fine della convertibilità del dollaro in oro (35 biglietti verdi per oncia). L’inflazione e la debolezza dell’economia americana impongono di porre termine al sistema di Bretton Woods. E’ la fine del dopoguerra.

Cinquant’anni dopo la moneta Usa è ancora regina dei mercati valutari, ma è sempre più minacciata dalla forze delle economie emergenti. La sua diretta ‘concorrente’, l’euro, dopo essere stata sotto attacco della speculazione anche a causa della debolezza nel coordinamento delle politiche europee, non ha scalfito il prestigio della divisa statunitense.

E la lettera all’Italia della Bce che segnava in modo ufficiale la crisi del nostro debito avveniva in un’altra estate calda di crisi, dieci anni fa, il 5 agosto del 2011.

Petrolio e oro si misurano ancora in dollari, ma certo nelle ultimi decadi il fulcro dell’economia sembra sempre più spostarsi inesorabilmente in Asia anche se la pandemia sta ridisegnando una egemonia e una resilienza a stelle e strisce su cui alcuni iniziavano a dubitare.

Gli anni Settanta, dopo la decisione della Casa Bianca, si presentano così ai mercati internazionali con un primo terremoto finanziario, al quale ne sarebbero seguiti molti altri in questi 50 anni: dagli choc petroliferi del ’73 e del ’79, alla crisi dello Sme nel ’92, per finire alla crisi infinita generata dai mutui subprime, quindi dal fallimento di Lehman Brothers, poi da una lunga recessione, la crisi dei debiti sovrani che ha portato per la prima volta S&P a togliere la tripla A al rating degli Stati Uniti, un colpo al cuore del sistema.

E nell’ultimo anno e mezzo una pandemia che ha riportato l’emergenza sanitaria planetaria indietro di un secolo e quella economica ai tempi della seconda guerra mondiale. La prima conseguenza diretta della non convertibilità del dollaro porta alla fine del sistema dei cambi fissi deciso alla fine del conflitto sull’impronta lasciata da Keynes.

La volontà degli Alleati nel dopoguerra, con l’istituzione di Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale, è proprio quello di prevenire e affrontare le crisi globali con strumenti in grado di evitare gli incubi della recessione come era avvenuto dopo il crollo di Wall Street nel ’29. Proprio nei giorni scorsi la decisione dell’istituto di Washington di varare un maxi piano di sostegno in Dsp a sostegno dell’economia.

L’annuncio di Nixon 50 anni fa dà perciò solo una prima spallata all’infallibilità di questo sistema, le crisi finanziarie degli anni Novanta mettono direttamente in discussione il sistema, la tempesta in corso da oltre dieci anni sui mercati ha fatto il resto rischiando di mettere fine all’intero impianto ‘occidentale’ del sistema, almeno nella sua forma attuale.

Già in passato, infatti, il declino di un’altra moneta ‘aurea’, convertibile per eccellenza, la sterlina, ha fatto spazio a nuove forme e nuovi centri di organizzazione dei mercati e delle valute. Un intero impianto di organizzazione internazionale è ora messo a dura prova da chiusure e restrizioni e stop agli scambi internazionali e le indicazioni dei prossimi mesi sull’andamento dei contagi e della ripresa in fase di accelerazione diranno se anche questo collasso può dirsi superato.

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