Biden esulta, storico voto sul piano infrastrutture

Una sessione nel senato americano.
Una sessione nel senato americano. (ANSA/EPA)

WASHINGTON. – Un voto storico per fare dell’America un Paese più moderno e competitivo sulla scena globale. Joe Biden ha di che esultare: il Senato ha approvato il maxi piano per le infrastrutture da 1.200 miliardi di dollari frutto di un accordo bipartisan.

Una vittoria del presidente americano non solo perché vede la sua agenda economica avanzare, ma perché da quando è arrivato alla Casa Bianca non fa altro che professare la linea del compromesso (“non governerò a colpi di decreto”) e della ricerca di una ritrovata unità dopo anni di profonde divisioni politiche e sociali. Ora un primo traguardo è stato raggiunto, anche se il piano deve essere ancora approvato dalla Camera.

Ma Biden incassa anche un altro enorme risultato politico. I repubblicani, infatti, per la prima volta si smarcano da Donald Trump ignorando i suoi moniti e le sue minacce per affossare l’accordo. Ben 19 dei loro senatori decidono di votare insieme ai 50 colleghi democratici smentendo di fatto la linea del tycoon.

Certo, non è tutto oro quello che luccica. Il piano da 1.200 miliardi di dollari prevede opere come la ricostruzione di strade, ponti, ferrovie, reti idriche, ma è decisamente  ridimensionato negli obiettivi rispetto alla proposta iniziale della Casa Bianca che prevedeva investimenti per 2.300 miliardi di dollari, con il compromesso che prevede un taglio delle risorse originariamente destinate a progetti per l’energia pulita, trasporti, sostituzione delle condutture degli oleodotti.

Anche per questo il testo alla Camera è destinato a incontrare resistenze  anche tra i democratici, soprattutto nell’ala sinistra del partito.

Il piano comunque prevede investimenti senza precedenti, come 65 miliardi di dollari per espandere la banda larga, 110 miliardi per strade, ponti e altre vie di comunicazione, 25 miliardi per gli aeroporti e altrettanti fondi per ammodernare una rete ferroviaria di alta velocità che oramai data al 1971.

Intanto il Senato ha cominciato la discussione sulla manovra di bilancio da 3.500 miliardi di dollari presentata dai democratici, per finanziare una svolta nelle politiche economiche e sociali degli Stati Uniti che non si vedeva dall’era della Great Society, il piano per sconfiggere povertà e ingiustizia razziale lanciato da Lyndon Jhonson nel 1964 e che si ispirava al New Deal di Franklin Delano Roosevelt.

Una manovra, spiegano i democratici,  interamente finanziata dall’aumento della pressione fiscale sulla ricchezza (individuale o delle big corporation) e che non comporterà un innalzamento del tetto del debito.

Lascia un commento