Lukashenko-show a un anno dalla rivolta: “Lascerò presto”

Il presidente della Bielorussia, Alexander Lukashenko, in una foto d'archivio.
Il presidente della Bielorussia, Alexander Lukashenko, in una foto d'archivio.

MOSCA.  – A un anno esatto dalle elezioni “rubate”, che scatenarono la rabbia pacifica dei bielorussi, il presidentissimo Alexander Lukashenko riscrive la storia recente e in un incontro-fiume con esperti, giornalisti ed esponenti della società civile – format decisamente simile alle abitudini di Vladimir Putin – esalta “l’anno dell’unità della Bielorussia”, che ha saputo reggere all’assalto della sua m”sovranità”.

Certo, non sono mancati ammiccamenti alla piazza, stufa dello status quo (e delle feroci repressioni). “Molto presto lascerò la carica, ma non tirate a indovinare quando”, ha promesso e ammonito Lukashenko. Una mossa che non ha evitato un nuovo round di sanzioni da parte di Usa e Gran Bretagna.

Il ritornello d’altra parte va avanti dallo scorso 9 agosto, quando è apparso chiaro a tutti che Lukashenko ormai aveva perso il favore del popolo sull’onda della travolgente campagna elettorale del fronte democratico unito, capitanato delle “fantastiche tre” Svetlana Tikhanovskaya (in esilio), Maria Kolesnikova (in carcere) e Veronika Tsepkalo (pure in esilio).

Sull’onda delle proteste il leader bielorusso aveva infatti promesso una riforma costituzionale al termine della quale si sarebbero potute tenere nuove elezioni (nonché una sua possibile dipartita dalla presidenza, saldamente occupata sin dal 1994).

Ebbene. La commissione per la riforma della carta fondamentale ha “quasi finito il suo lavoro”, poi sarà la volta della discussione delle proposte, quindi del referendum. “Tutto si svolgerà in modo democratico e ordinato: i cambiamenti, se privi di legalità, portano solo al caos”, ha commentato Lukashenko nel corso dell’adunata odierna.

L’opposizione però ha liquidato l’operazione come un teatrino, che avrebbe il solo obiettivo di ostacolare il vero cambiamento democratico incardinato nel corso della primavera bielorussa dell’anno passato.

“Un’elezione rubata, milioni di voti per il cambiamento, 365 giorni di proteste pacifiche, 610 prigionieri politici, migliaia di arresti per motivi politici, 36mila detenzioni: noi continueremo a lottare fino a che questi numeri saranno storia”, ha scritto su Twitter Tikhanovskaya.

Allora la pressione verso il regime di Minsk resta alta. Londra ha varato misure che misure si aggiungono a quelle imposte il 21 giugno scorso d’intesa con Usa, Ue e Canada e coinvolgono alcuni scambi commerciali residui, aspetti finanziari e lo stop alla manutenzione della “lussuosa flotta di aerei” presidenziali bielorussi. Joe Biden invece calca la mano sul Comitato olímpico bielorusso, accusato di non aver protetto i suoi atleti dalla discriminazione politica.

Lukashenko, non a caso, è tornato sul caso dell’atleta Kristina Timanovskaya, che faceva parte della squadra olimpica a Tokyo e che in seguito a uno scontro con gli allenatori ha ricevuto asilo in Polonia, liquidandola come “una manipolata”.

Il presidentissimo d’altronde è ormai abituato a dichiarare tutto e il suo contrario. Pure la vicenda di Roman Protasevich, l’attivista arrestato dopo il dirottamento del volo Ryanair da Atene, sarebbe stata orchestrata “dall’Occidente”.

(di Mattia Bernardo Bagnoli/ANSA).

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