Governo: sale la tensione nella maggioranza, nuovo scontro Letta-Salvini

Carabinieri e giornalisti tra la Camera dei Deputati e Palazzo Chig
Carabinieri e giornalisti tra la Camera dei Deputati e Palazzo Chigi, Roma, 22 febbraio 2021. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

ROMA. – Chi vuol sabotare Draghi? Matteo Salvini dal Papeete accusa Giuseppe Conte: vuole terremotare il governo, con Letta a far da “palo”. Conte non ribatte ma Enrico Letta si indigna, risponde che finora è stata la Lega a mettersi di traverso e che Salvini farebbe bene a non usare un linguaggio degno di certi consiglieri della Lega “dalla pistola facile”.

Il Pd diserta la festa della Lega a Milano Marittima. I toni si infiammano. Ripercussioni dirette sulla tenuta della maggioranza ad ora dal governo non ne temono. Ma che l’ennesimo scontro preannunci mesi turbolenti, nessuno ha dubbi: il percorso delle riforme si fa più accidentato. L’escalation tra Salvini e Letta sembra solo l’antipasto dei mesi che verranno.

Il 3 agosto si apre infatti il semestre bianco, nel quale il presidente della Repubblica, giunto alla fine del suo mandato, non potrà sciogliere le Camere. Ed è proprio per mettere al riparo una riforma delicata come quella della giustizia, che Draghi ha accelerato la travagliata approvazione.

La prossima settimana, prima della pausa agostana, sono in programma inoltre due Consigli dei ministri, uno per il nuovo decreto legge Covid, per intervenire sui trasporti e la ripresa della scuola, e uno per affrontare altri dossier di governo aperti, come la nomina della segreteria tecnica che dovrà coordinare l’attuazione del Recovery plan, un passaggio importante in vista dell’arrivo dei primi fondi, che dovrebbe essere accompagnato da una circolare ai ministeri per accelerare gli interventi.

Ma a settembre il premier dovrà chiudere riforme delicate, e per ora rinviate, come quella della concorrenza e del fisco, che insieme alla riforma degli ammortizzatori sociali segnerà la prossima legge di bilancio.

Ecco perché l’innalzarsi della temperatura politica desta qualche preoccupazione tra i ministri. Le scene viste in Cdm sulla giustizia, con una trattativa finale lunga nove ore e un continuo alzare la posta da parte di Conte, potrebbero presto ripetersi, a partire dal nuovo decreto Covid, visto che Salvini frena su nuovi pesanti interventi.

Il Movimento 5 stelle ora tace. Nessuno risponde agli attacchi del leghista, né quando accusa il M5s di aver “minacciato il governo di farlo cadere tre volte”, né quando – d’accordo con Matteo Renzi che ha anche proposto un referendum – dice che a settembre andrà “rivisto” il reddito di cittadinanza, la misura bandiera del Movimento.

Il Pd invece non solo a Salvini replica, ma avanza anche il sospetto che leghista sia tornato in “versione Papeete”, nei panni dello sfasciatore che terremotò il primo governo Conte. “Per me il governo non rischia”, afferma Salvini, “Draghi è una garanzia. Certo lui si irrita quando si perde tempo”.

La deputata Alessia Morani, che avrebbe dovuto rappresentare il Pd alla festa leghista di Milano Marittina, annuncia che non ci sarà. “Non vorremmo che Letta passasse dal fare il palo a Conte a uomo in fuga”, ribatte la Lega dal Papeete. Questo, commenta Letta, è “il linguaggio con cui Salvini” parla ai suoi “consiglieri facili di pistola, Adriatici a Voghera o Aronica a Licata”.

Nel governo c’è chi mostra di gradire poco il gioco di sponda degli alleati di centrosinistra, ma dal Nazareno dicono che mentre “Salvini più volte ha sabotato Draghi”, i Dem lavorano per le riforme. Il leghista attacca – è la tesi – perché in difficoltà con Giorgetti e Zaia.

Una seduta domenicale della Camera apre intanto una infuocata settimana parlamentare, con anche l’annunciata richiesta di Iv di riportare in Aula il ddl Zan. Ci si mette anche la vicenda Mps, che si incrocia con le elezioni suppletive di ottobre a Siena. Enrico Letta corre lì e ha detto che in caso di sconfitta si dimetterà. Anche per questo il centrodestra attacca: circola addirittura l’ipotesi che possa cambiare candidato, per contrapporre a Letta un nome forte.

Il segretario Pd rassicura: “Sapevo dei rischi” legati a Mps ma “rifiutare avrebbe voluto dire disertare, in un momento complesso. Ho fiducia in Draghi e nel governo”, aggiunge ai suoi, dicendo no all’ipotesi spezzatino che sarebbe “punitiva verso il territorio”. Quanto alle polemiche su Padoan, già deputato di Siena e ora presidente Unicredit, commenta: “La sua candidatura è figlia di un’altra storia del Pd, quella terminata nel 2018. E le sue scelte successive sono individuali”.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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