Esordio Conte ad alta tensione, confronto con Di Maio

L'ex premier Giuseppe Conte al lavoro, Roma, 12 maggio 2021.
L'ex premier Giuseppe Conte al lavoro, Roma, 12 maggio 2021. (Ufficio Stampa Mariachiara Ricciuti)

ROMA. – “E’ stata una giornata dura, molto dura”. Nel tardo pomeriggio Giuseppe Conte non nasconde le difficoltà di una trattativa estenuante e che vede ancora qualche incognita aperta, come la tenuta dei gruppi M5S in Aula. Una trattativa che si è rilevata serrata sia nei rapporti tra Conte e il resto del governo sia nei rapporti interni al Movimento.

Con Luigi Di Maio a fare da “agente moderatore” ai più battaglieri sulla “partita madre”, quella sulla giustizia. Una serie frenetica di incontri, telefonate, sms, segna la giornata di Conte. Che entra alle 10 nel Palazzo dei gruppi di Montecitorio per uscirne – dopo aver visto ministri, capigruppo e la sottosegretaria alla Giustizia Anna Macina – solo nel tardo pomeriggio. E dopo una vero e proprio scontro tra Lega ed esponenti del MoVimento.

Tra i contatti, nel M5S non smentiscono neanche quelli tra il presidente in pectore e lo stesso Mario Draghi, nelle lunghe ore della sospensione del Cdm. Mentre la mattina, a fare da spola tra Palazzo Chigi e la Sala Siani della Camera sono i ministri del Movimento. E’ con Di Maio che il confronto per Conte si fa, come si direbbe nel linguaggio diplomatico, piuttosto franco. Il titolare degli Esteri è consapevole dei rischi connessi ad un’astensione dei ministri sul testo Cartabia.

Il confronto, secondo fonti qualificate della maggioranza, ad un certo punto si fa molto duro anche se, fonti del M5S vicine sia a Conte che a Di Maio negano qualsiasi attrito. “C’è stata massima compattezza, anche Di Maio si sarebbe astenuto se non ci fosse stato l’accordo”, spiegano dai vertici pentastellati. E il titolare degli Esteri, spiegano fonti qualificate del Movimento, nel corso della giornata ha fatto da mediatore anche con gli altri partiti.

“Il lavoro, la costanza, la determinazione, il dialogo. Quando si ha un obiettivo comune si possono raggiungere importanti risultati”, scrive in serata su Fb lo stesso Di Maio. Eppure, rispetto al primo sì dei ministri alla riforma Cartabia in Cdm, il clima nel Movimento è mutato. Sulla bozza d’intesa arrivata in mattinata il “no” dei pentastellati è pressoché unanime.

“Possono solo portarla a casa con l’accordo di tutti, altrimenti vanno al semestre bianco, con tana liberi tutti”, spiegava un deputato tra i più vicini al dossier giustizia prima che il Cdm riprendesse. “Questa volta non ci caschiamo”, avvertiva una fonte di governo ribadendo che, se non fosse arrivata una nuova proposta nel pomeriggio, l’astensione sarebbe stata automatica. Con l’effetto di dare un potenziale via libera al “non voto” dei parlamentari al testo Cartabia, fiducia o non fiducia.

Le defezioni, nel Movimento, non sono comunque scongiurate. E Conte, nel suo dire che la riforma Cartabia “non è la nostra riforma ma l’abbiamo migliorata” ,invia anche un messaggio ai suoi parlamentari. Il clima, del resto, da qui a quando la sua presidenza non sarà formalizzata con il voto in Rete, rischia di essere incandescente. E in mattinata la senatrice Elena Botto è la prima eletta a dare l’addio al Movimento targato Conte.

L’ex premier sa che una spaccatura dei gruppi indebolirebbe anche la presenza dei Cinque Stelle nell’esecutivo. Lo scontro sulla giustizia, tuttavia, dà il la alla seconda fase del governo Draghi, quella del semestre bianco. E ad un M5S che sarà tanto di lotta quanto di governo. Basti pensare agli assenti non giustificati registrati sia alla Camera che al Senato sulla fiducia al dl Recovery. O agli attacchi messi in campo dal M5S, da Conte in giù, alla Lega sul fronte dei processi per mafia. Lega che risponde sotolineando come sia stata sconfitta “l’inutile guerriglia” dei pentastellati.

A settembre, con le amministrative alle porte, sulla riforma della concorrenza e su quella del fisco la “Pax draghiana” rischia di vacillare sensibilimente. Con, all’orizzonte, la grande partita del Quirinale. “Una cosa è certa, dopo questa riforma credo che il voto del M5S per il Colle la Cartabia l’abbia perso…”, sottolinea una fonte di governo. Già, perché con l’avvicinarsi del febbraio 2022 il M5S e non solo avranno un “arma” in più per la loro azione nel governo: l’elezione del successore di Sergio Mattarella.

(di Michele Esposito/ANSA)

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