Biden riceve Merkel, gelo sul gasdotto e i vaccini

Angela Merkel e Joe Biden.
Angela Merkel e Joe Biden. Immagine d'archivio.

WASHINGTON. – Joe Biden riceve Angela Merkel per quella che salvo clamorose sorprese sarà l’ultima visita della cancelliera tedesca alla Casa Bianca.  Il clima è distante anni luce da quello del tesissimo faccia a faccia del 2018 con Donald Trump.

Ma tra Washington e Berlino resta il gelo su due questioni cruciali: la realizzazione del gasdotto Nord Stream 2, che porterà il gas in Germania e in Europa occidentale direttamente dalla Russia e fortemente osteggiato dagli Usa, e la liberalizzazione dei brevetti sui vaccini, proposta da Biden ma finora respinta dalla Merkel.

Nonostante un rafforzamento dell’asse tra Usa e Germania dopo i quattro turbolenti anni di Trump, nessun accordo sembrerebbe essere stato trovato sul Nord Stream 2, per Biden un “bad deal”, un cattivo accordo che metterebbe innanzitutto a rischio la sicurezza nazionale di Kiev, bypassando il territorio ucraino.

Washington teme fortemente che il gasdotto venga usato da Mosca per fare pressioni indebite, anche se al momento restano congelate le sanzioni contro la Nord Stream 2 AG, la società che sta realizzando il progetto e il cui numero uno è un noto alleato di Vladimir Putin.

Nessun passo avanti poi sembra al momento possibile sulla questione della liberalizzazione dei vaccini, che per Merkel finirebbe solo per danneggiare la ricerca. Mentre altro terreno di attrito sono le restrizioni Usa ai viaggi dall’Europa, ancora in vigore nonostante agli americani sia stato concesso di tornare a viaggiare nel Vecchio Continente.

Intanto, dopo sei mesi dal suo addio alla Casa Bianca, Donald Trump continua a far parlare di sé. E il Guardian rivela come Mosca fece di tutto nel 2016 per fargli vincere le elezioni presidenziali. Ma ora si aggiunge un altro tassello: sarebbe stato Vladimir Putin in persona a ordinare ai suoi servizi segreti l’avvio di un’operazione segreta che doveva portare il tycoon nello Studio Ovale.

Questo emergerebbe da alcuni documenti del Cremlino che, leggendo le carte, si riferiva a Trump descrivendolo “mentalmente instabile” e per questo più facile da manipolare. L’operazione andò a buon fine, visto che il tycoon vinse le elezioni presidenziali nonostante l’ex segretaria di Stato Hillary Clinton avesse trionfato nel voto popolare.

Il disco verde di Putin, racconta il Guardian, sarebbe arrivato durante una sessione del Consiglio di sicurezza nazionale tenuta il 22 gennaio del 2016. Oltre al presidente erano presenti i membri più autorevoli del governo e tutti i responsabili dei servizi segreti russi, dal Svr che si ocupa dello spionaggio civile all’estero all’intelligence militare del Gru.

Una Casa Bianca in mano a Donald Trump, fu concordato, avrebbe aiutato Mosca ad assicurarsi i suoi obiettivi strategici, tra i quali la diffusione del “disordine sociale” negli Stati Uniti e nei Paesi alleati, compresa l’Europa, ed un indebolimento della posizione negoziale del presidente americano.

Alle agenzie di spionaggio russe venne quindi ordinato di trovare la maniera più pratica ed efficace per sostenere Trump impegnato nella campagna elettorale, con tanto di decreto che, scrive il Guardian, sembra portare proprio la firma di Putin.

Infine le ultime novità arrivano anche da un libro di due reporter del Washington Post intitolato “I Alone Can Fix I”‘. Carol Leonnig e Philip Rucker scrivono come nelle ultime settimane del tycoon alla Casa Bianca il capo dello stato maggiore delle forze armate Usa, Mark Milley, era così scosso dall’idea di un golpe o di altre pericolose misure illegali che aveva pianificato insieme ad altri alti ufficiali varie strategie per fermarli.

Milley e gli altri generali a capo delle forze Usa valutarono anche un piano che prevedeva le dimissioni – annunciate separatamente – di ciascuno di loro pur di non seguire ordini provenienti dalla Casa Bianca che avessero giudicato illegali, pericolosi o imprudenti. E la minaccia sembrò sempre più incombente dopo la decisione di Trump di silurare il ministro della Difesa Mark Esper e quello della Giustizia William Barr.

(di Ugo Caltagirone/ANSA).

Lascia un commento