Europei: inglesi ai piedi di Southgate, ora impresa in casa

Il ct dell'Inghilterra Gareth Southgate durante la partita contro la Germania.
Il ct dell'Inghilterra Gareth Southgate durante la partita contro la Germania. ANSA/ EPA/Frank Augstein /

LONDRA.  – Un rigore (dubbio) ha completato la redenzione, a distanza di un quarto di secolo, ancora a Wembley: l’Inghilterra in finale di Euro 2020 è anche – soprattutto – il riscatto di Gareth Southgate, che ha cancellato l’errore dagli 11 metri nella semifinale del 1996 contro la Germania, rilanciando, da ct gentiluomo, le ambizioni dei Tre Leoni, ora a 90 minuti dalla gloria continentale.

Senza proclami roboanti, evitando accuratamente eccessi e polemiche, con uno stile fermo ma pacato, in cinque anni Southgate ha saputo restituire credibilità e convinzione alla nazionale inglese, eternamente alla ricerca dell’identità perduta. E soprattutto ha raggiunto risultati che già ora appaiono secondi solo a quelli ottenuti, nella seconda metà degli anni ’60, dal leggendario Alf Ramsey.

Perché prima della finale europea, l’Inghilterra targata Southgate – chiamato al capezzale dei Tre Leoni dopo Euro 2016, in seguito all’inattesa e umiliante eliminazione subita agli ottavi per mano dell’Islanda – aveva già conquistato una seminale mondiale (2018, sconfitta dalla Croazia) e il terzo posto nella prima edizione della Uefa Nations League.

Risultati ottenuti ringiovanendo in profondità la rappresentativa nazionale, puntando deciso su una folta nidiata di ambiziosi talenti: così se tre anni fa in Russia quella inglese era la seconda rosa più giovane del torneo, ad Euro 2020 – con un’età media al sotto dei 25 anni – risulta nettamente la più inesperta.

Linea verde, ma anche duttilità tattica, spregiudicatezza e rottura col passato: solo così la giovane Inghilterra ha potuto spezzare il sortilegio che durava da oltre mezzo secolo, battendo finalmente la Germania in una partita ad eliminazione diretta. E solo così, dopo aver perso quattro semifinali di fila, tra mondiali ed europei, è approdata all’ultimo atto dell’Europeo, in programma domenica sera.

Dove potrà contare sul fattore campo, un indubbio vantaggio per i più, ma anche un possibile sovraccarico di pressione e responsabilità. Finora però Kane e compagni hanno dimostrato di saper sfruttare al meglio l’energia positiva trasmessa dagli scatenati tifosi inglesi, che anche contro l’Italia saranno in stragrande maggioranza tra i 66mila spettatori per la finalissima.

In quella che – vista da Oltremanica – già appare come un’occasione imperdibile col destino, l’appuntamento ideale per riscrivere la storia, dopo 55 anni di illusioni e immancabili delusioni. Ecco allora che la vittoria sugli Azzurri di Roberto Mancini assumerebbe un significato ancor più profondo mdel trionfo europeo, per una nazione che si picca di aver codificato le regole del gioco. E che vive il calcio un po’ come una prerogativa personale, quasi privata, che contribuisce alla costruzione dell’identità nazionale.

Non è dunque un caso che il ritornello riecheggiante durante gli incontri dei Tre Leoni sia proprio “football is coming home”, “il calcio sta tornando a casa”. Un coro d’auspicio e d’orgoglio, che rivela l’attesa per un passato che – mai come oggi – appare prossimo a ripresentarsi. Sotto l’entusiasmante spinta dei risultati di una nazionale, per la quale è febbre a 90 in tutto il paese.

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