Tour: Van Aert doma due Ventoux, belga nella storia

Il belga Wout Van Aert (S) congratulato da un integrante del team Jumbo Visma.
Il belga Wout Van Aert (S) congratulato da un integrante del team Jumbo Visma. ANSA/EPA/Thomas Samson

ROMA. – Gli altri che ieri sprintavano con lui, oggi hanno faticato per non arrivare fuori tempo massimo. Tre volte campione del mondo di ciclocross, vincitore di cronometro, di volate di gruppo e specialista delle classiche di primavera, Wout van Aert doma il Mont Ventoux e si consacra ciclista totale.

Belga, come Eddy Merckx che qui trionfò nel 1970, con i colori del suo paese sulla maglia a brillare in mezzo all’arsura e alle pietre della Provenza, è stato protagonista inatteso dell’undicesima tappa del Tour de France, andandosi a prendere il traguardo a Malaucéne, ai piedi del monte calvo, per la prima volta scalato nella stessa frazione da due versanti.

Il “Monte calvo” non ha fatto sconti, lasciando indietro presto, alla prima ascesa, gente di classifica come Gaudu, mandando in affanno il vincitore di Tignes, O’Connor, partito secondo e finito fuori dal podio, frenando le ambizioni di giornata del campione del mondo Alaphilippe, scattato al decimo chilometro ma poi rimbalzato dalla strada e mostrando, una novità, il lato umano della maglia gialla Pogacar.

L’ambiente lunare degli ultimi chilometri di salita ha riportato sulla terra il fenomeno sloveno. Alla fine ha ripreso in discesa il giovane danese Vingegaard, compagno di squadra di van Aert all’attacco verso la fine della seconda salita, ma ha dimostrato che anche lui può andare in difficoltà ed essere staccato.

Insieme a Pogacar, a 1’37” dal vincitore, sono arrivati il colombiano Uran e l’ecuadoriano Richard Carapaz, che ha “messo alla frusta” la sua Ineos: non è riuscito a fare la differenza, ma ha raggiunto l’obiettivo di staccare O’ Connor. Ora è quarto, dietro Uran e Vingegaard. Tra loro e van Aert, nell’ordine di tappa, due compagni di squadra di Nibali, Elissonde e Mollema, andati in fuga senza riuscire a tenere il ritmo del belga.

Van Aert, un metro e 87 per quasi 80 chili, ieri è arrivato secondo dietro Cavendish in volata e quest’anno aveva vinto Gand Wegelvem e Amstel Gold Race, l’anno scorso la Sanremo, e le Strade Bianche di Siena. É andato su quasi sempre seduto, “cronoscalando” la montagna più cattiva del giro di Francia che incoronò Pantani, Armstrong, Froome.

Ha risposto così, con un trionfo storico, alla maglia gialla vestita nei giorni scorsi dal suo nemico-amico Van der Poel, uomo eclettico come lui e che come lui non punta alle corse a tappe, ma è capace di rendere spettacolare ogni gara che lo vede partente, superando i limiti e rompendo gli schemi del ciclismo.

“Ho perso le parole: forse è la mia miglior vittoria di sempre. É la dimostrazione che ci devi credere sempre”, ha detto alla fine van Aert, che. aveva cominciato a festeggiare a 2 km dalla fine.

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