Covid: dal Sud America l’incognita della variante Lambda

Un laboratorista analizza un campione per confermare l' infezione del Covid-19 in Lima.
Un laboratorista analizza un campione per confermare l' infezione del Covid-19 in Lima. EPA/Ernesto Arias

MILANO. – Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Lazio, Sicilia: sono le Regioni che in Italia hanno già individuato e condiviso a livello internazionale (attraverso la banca dati Gisaid) le sequenze genetiche della variante Lambda, la nuova incognita che aleggia sulla pandemia di Covid-19.

Comparsa a fine dicembre in Perù, dove è ormai diventata il ceppo predominante, attualmente risulta già diffusa in quasi 30 Paesi del mondo. Identificata con la sigla C.37, è caratterizzata da un mix inusuale di mutazioni che disorienta gli esperti: ancora troppo pochi i dati disponibili per capire la sua reale pericolosità, tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) la classifica tra le varianti di interesse (Variants of interest, Voi) e non tra quelle che destano preoccupazione, le cosiddette Voc (Variants of concern).

Le analisi genetiche della variante Lambda hanno rivelato la presenza di sette mutazioni sulla proteina Spike: un mix “insolito rispetto ad altre varianti”, secondo l’esperto Jeff Barrett del Wellcome Sanger Institute. In particolare, la mutazione L452Q sembra ricordare quella responsabile della maggiore contagiosità della variante Delta, mentre la mutazione F490S è stata in precedenza associata a una ridotta suscettibilità agli anticorpi nei test in provetta.

Anche i ricercatori dell’Università del Cile guidati da Monica Acevedo hanno provato a saggiare le potenzialità del virus, usando dei campioni di sangue prelevati da operatori sanitari a cui erano state somministrate le due dosi del vaccino cinese CoronaVac.

I risultati, condivisi sul suto medRxiv e non ancora sottoposti a revisione, suggeriscono che la variante Lambda possa essere più infettiva della Gamma e della Alfa, e che risulti più abile nello sfuggire agli anticorpi indotti dal vaccino cinese.

Un dato che sembra trovare conferma nei dati epidemiologici raccolti dal gruppo di Pablo Tsukayama dell’Università peruviana ‘Cayetano Heredia’, che in uno studio su medRxiv spiega: “la diffusione di C.37 è avvenuta in Sud America in presenza di centinaia di ceppi circolanti e delle varianti che destano preoccupazione Alfa e Gamma, fatto che suggerisce un’aumentata trasmissibilità, anche se servono ulteriori analisi e dati epidemiologici”.

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