Addio al falco Rumsfeld, architetto delle guerre di Bush

Donald H. Rumsfeld
Donald H. Rumsfeld (sinistra), Segretario del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, e Tommy Franks (destra), Comandante de la Armada de los Estados Unidos

NEW YORK.  – Donald Rumsfeld, il due volte segretario alla Difesa americano, è morto a 88 anni nella sua abitazione a Taos, in New Mexico, per un mieloma multiplo.

Rumsfeld è stato prima segretario alla Difesa per Gerald Ford e poi per George W. Bush, presiedendo di fatto alle strategie dell’America durante la Guerra Fredda negli anni 1970 e poi alla guerra al terrore con i conflitti in Afghanistan e in Iraq.

Alleato di ferro dell’ex vicepresidente Dick Cheney, Rumsfeld è stato considerato – negli anni dell’amministrazione Bush – il segretario alla Difesa più potente dai tempi di Robert McNamara durante la guerra in Vietnam. Come McNamara si è lanciato in una guerra costosa a divisiva, quella in Iraq, che gli ha alla fine distrutto la carriera politica.

Ma a differenza di McNamara, che si scusò pubblicamente, Rumsfeld non ha mai fatto mea culpa e anzi ha bollato come un errore l’uscita dall’Iraq. “La conclusione che trarranno i nostri nemici è che gli Stati Uniti non hanno la determinazione di portare a termine le loro missioni che richiedono sacrificio e pazienza”, disse in merito alla guerra in Iraq.

Neanche anni dopo, nel 2011, nel libro di memorie “Know and Unknown”, mostrò alcun rimpianto sulla decisione di invadere l’Iraq, una guerra che è costata agli Stati Uniti 700 miliardi di dollari e 4.400 vita umane. A suo avviso, infatti, la rimozione di Saddam Hussein ha giustificato lo sforzo: “Liberare la regione dal regime brutale di Saddam ha creato un mondo più stabile e sicuro”, scrisse.

Con Cheney, Rumsfeld è stato uno degli architetti delle guerre di Bush in Medio Oriente innescate dagli attacchi dell’11 settembre. Rumsfeld era già un politico stagionato quando è stato nominato da Bush nel 2001.

Durante gli anni 1970 era divenuto, con Ford, il più giovane segretario alla Difesa della storia a soli 43 anni. Alla fina del suo termine nell’amministrazione Bush era invece il più anziano ad aver ricoperto l’incarico.

La sua figura con l’Iraq divenne particolarmente criticata con gli scandali delle torture a Abu Ghraib in Iraq e Guantanamo, mentre gli Stati Uniti non avevano trovato alcuna arma di distruzione di massa in Iraq. Proprio sotto il suo sguardo si sono consumate quelle da molti osservatori definite “torture” nel supercarcere a Cuba: secondo indiscrezioni, fu lui ad autorizzare le dure tattiche di interrogatorio.

Si attirò molte critiche anche per le sue battute infelici: di fronte all’oltraggio mondiale per i saccheggi a Baghdad dopo la caduta del regime, nell’aprile 2003, Rumsfeld liquidò il tutto con una battuta: “Cose che capitano”.

Lo criticò anche il patriarca George H. W. Bush, che lo definì un “arrogante” che ha causato danni all’America e che, insieme all’altro falco Cheney, avrebbe rovinato l’eredità del figlio. George W. Bush lo licenziò nel 2006, quando ormai era diventato un peso politico per la sua amministrazione.

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