In detenzione domiciliare, evadeva Fisco e voleva ‘aiuti’ Covid

Foto auto Guardia di Finanza
Foto auto Guardia di Finanza / FOTO MIMMO TROVATO

MILANO. – Era già in detenzione domiciliare per una “condanna definitiva per reati tributari”, ma avrebbe continuato “quotidianamente” ad impartire disposizioni per evadere il Fisco con fatture false. E avrebbe usato i soldi dell’impresa per “fini personali”, per comprarsi un’imbarcazione, ovvero un “taxi veneziano”, una moto da 20mila euro, ma anche per pagare “trattamenti estetici” per l’ex moglie e viaggi per i figli. Oltre che per organizzare feste con “15-20 invitati” e acquistare fino a “96 bottiglie di vino”.

Così, per bancarotte e reati fiscali, è stato arrestato l’imprenditore milanese Antonio Giuseppe Baldan, 60 anni, fondatore nel ’84 di Baldan Group, tra i leader nel settore della cosmetica e del benessere, finito ai domiciliari assieme ad altri due amministratori delle due società al centro dell’indagine su debiti tributari per quasi 20 milioni di euro, condotta dalla Gdf di Lecco e coordinata dal pm di Milano Roberto Fontana.

Baldan, residente in pieno centro, in via Brera, e con una villa sul lago di Como, come scrive il gip Carlo Ottone De Marchi, “ha posto in essere un articolato modello operativo che gli ha consentito di svolgere l’attività di impresa per oltre un decennio incentrata sull’omesso versamento delle imposte e dei contributi”.

Una forma di “autofinanziamento”, tanto che non aveva debiti con le banche. E sarebbero state, poi, “le casse della B&M”, società del gruppo, “pur in pendenza dell’istanza di fallimento” da parte della Procura, “a soddisfare” il suo “stile di vita, e quello dei familiari, particolarmente oneroso”.

Da un’intercettazione dello scorso aprile risulta che Baldan aveva “ordinato, sempre attingendo dalle casse della B&M srl, 96 bottiglie di vino giustificandole come un omaggio per i clienti per il prossimo evento fieristico ‘Baldanprof'”. Allo stesso tempo, l’imprenditore delle ‘beauty farm’, sempre stando agli atti, si vantava di non esser mai stato “destinatario di un provvedimento di sequestro” in relazione “alle numerose condanne per reati tributari”.

E a febbraio diceva: “Ormai m’hanno condannato, farò la mia condanna eh punto (…) tanto che a un certo punto m’han quasi convinto e versavo, avrò fatto qualche mese 5.000 euro, due o tre mesi, poi ho detto no no c… verso 5.000 a fare dico, tanto che ne verso cinque o mille, bastan 1000”. Inoltre, risulta che avrebbe voluto “richiedere per il Natale 2020 l’indennità Covid” per alcuni dipendenti. “Visto che è un Natale molto fiacco (…) non si potrebbe… non so… gli diamo lo stipendio e la tredicesima la facciamo dare dallo Stato?”, diceva il 7 dicembre.

“Conversazioni” che, secondo il gip, rappresentano “un indizio” sul suo proposito “di richiedere la cassa integrazione” per alcuni lavoratori, anche se allo stato non ci sono “elementi che consentano di sostenere” che il “proposito truffaldino sia stato effettivamente attuato”. Per l’ipotesi di truffa allo Stato è indagato, ma non è stato arrestato.

L’imprenditore avrebbe anche messo in atto “compensazioni di debiti tributari con crediti inesistenti” per una “asserita attività di Ricerca e Sviluppo” e così avrebbe ottenuto “credito d’imposta per la ‘formazione 4.0′” per oltre 100mila euro, “senza l’effettivo svolgimento dei relativi corsi di formazione”. E per sottrarre a tassazione i proventi dell’impresa avrebbe creato società nel Regno Unito, in Olanda, Svizzera e Germania, e in più ne avrebbe acquisita un’altra in Colombia.

(di Igor Greganti/ANSA)

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