Tour per tutti, tanta crono e pochi arrivi in quota

Lo sloveno Tadej Pogacar in maglia gialla in mezzo al gruppo.
Lo sloveno Tadej Pogacar in maglia gialla in mezzo al gruppo. EPA/Thibault Camus/ pool

ROMA.  – Il Tour de France di ciclismo edizione numero 108, che scatterà domani da Brest, in Bretagna, promette molto e rappresenta sotto certi aspetti un trampolino di lancio per le Olimpiadi di Tokyo. La “Grande Boucle”, che torna a disputarsi nel periodo abituale – ossia all’inizio estate – dopo la parentesi settembrina dell’anno scorso, propone solo tre arrivi in quota, ma comunque tante salite. Un esempio? In una tappa verrà scalato per due volte il leggendario Mont Ventoux. Ci saranno tanti chilometri a cronometro (58), suddivisi in due tappe e dislocati fra il quinto e il penúltimo giorno della corsa a tappe francese.

Pur subendo la concomitante rivalità con l’Europeo di calcio, il Tour mantiene intatto il proprio fascino di evento popolare di altissimo profilo agonistico e l’ormai consolidata abitudine ai percorsi più brevi, ma anche molto più duri: saranno solo tre le frazioni che supereranno la soglia dei 200 chilometri.

L’omaggio alla leggenda Bernard Hinault, ultimo francese a trionfare sui Campi Elisi, a Parigi, ma 36 anni fa, sta nella partenza proprio da Brest, quindi la carovana gialla scalerà le Alpi e successivamente i temutissimi e sempre indecifrabili Pirenei. Resta l’incognita dei ritiri per partecipare alle Olimpiadi giapponesi: Van der Poel si farà da parte, stesso destino potrebbe toccare anche a Nibali (“se Cassani mi convoca per i Giochi, mi ritirerò di sicuro, la maglia azzurra è un grande onore per me”, le parole del corridore messinese che da tempo ormai non riesce più a trovare spazio fra i big delle corse a tappe). Gli italiani al via, comunque, saranno in tutto solo nove.

Occhi puntati, ovviamente, sul campione uscente Tadej Pogacar, vittorioso nel 2020 a soli 22 anni e quest’anno sempre primo nelle corse alle quali ha preso parte. Pogacar dovrà vedersela con il connazionale Primoz Roglic che il Tour l’anno scorso lo perse nella penultima tappa, facendosi battere nettamente nella cronoscalata decisiva: Roglic non corre da due mesi, perché ha preparato il Tour nei minimi dettagli.

Brutti clienti per tutti i due alfieri della Ineos: l’ecuadoriano Richard Carapaz, che di recente ha vinto il Giro di Svizzera e che nel 2019 si prese il Giro d’Italia a Verona, sorprendendo tutti; al suo fianco avrà il gallese Geraint Thomas, ma non solo. Altri due assi come il tasmaniano Richie Porte e il vincitore del Giro 2020, l’inglese Tao Geoghegan Hart, potrebbero sconvolgere le gerarchie del team e della corsa transalpina in generale.

Il colombiano Rigoberto Uran è la solita incognita, e sicuramente può ambire al podio di Parigi, come il connazionale Miguel Angel Lopez, un fuoriclasse in salita, un disastro nella gestione della bici. Non a caso finisce sistemáticamente sull’asfalto, rinunciando ai propri sogni di gloria. Restano il beniamino di casa Julian Alaphilippe, che avrà dalla sua le caratteristiche del tracciato, e il danese Jakob Fuglsang. Michael Woods può essere una specie di mina vagante, soprattutto al fianco di Chris Froome, quattro Tour vinti e ancora tanto carisma. Infine, Nairo Quintana: il colombiano sarà chiamato all’ennesima prova di maturità.

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