Letta corteggia Conte sulle alleanze, ma pesa stallo M5s

Enrico Letta in una foto d'archivio del 19 ottobre 2020
Enrico Letta in una foto d'archivio del 19 ottobre 2020.. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

ROMA. – Il Pd e il suo segretario Enrico Letta, mettono in cassa un importante risultato politico: i gazebo per le primarie hanno regalato un centrosinistra unito, diverso dal 2016 quando le divisioni con Si fecero perdere Torino e Roma e aprirono politicamente la strada alla successiva scissione dei bersaniani.

Ora la dinamica è opposta rispetto all’autosufficienza di marca renziana di cinque anni fa, ed anzi inizia ora il corteggiamento a M5s per una intesa almeno al secondo turno, che tuttavia proprio a Roma e Torino risulta difficile da raggiungere. Anche perché in casa 5 Stelle, il progetto di rilancio di Giuseppe Conte ha subito una nuova battuta d’arresto.

I numeri delle primarie nella Capitale e sotto le Due Torri sono considerati incoraggianti sia dal Pd locale che nella sede nazionale. A Roma si sono recati ai gazebo 48mila cittadini, e a Bologna ben 24 mila. Qui c’era una vera competizione tra Matteo Lepore, favorevole all’accordo con M5s, e Isabella Conti di Iv, che lo escludeva. In tal senso il successo del primo con il 59,6%, ha osservato Andrea De Maria, parlamentare bolognese del Pd, è un risultato che “ha un significato nazionale”.

Ma l’aspetto importante è aver tenuto dentro il perimetro del centrosinistra anche Iv con Conti che si è impegnata nelle primarie e subito dopo l’esito del voto ha garantito l’appoggio a Lepore e alla nascente coalizione. In tal senso Letta ha potuto affermare soddisfatto: “abbiamo avuto ragione a farle. La strada della partecipazione è quella giusta. Il popolo del centrosinistra è forte ed è in grado di battere le destre”.

Il Pd inoltre, fa osservare Francesco Boccia, ha ricostituito la coalizione anche alla sua sinistra, con Stefano Fassina che ha partecipato alle primarie romane mentre nel 2016 corse contro il candidato Dem Giachetti; ed anche a Torino due settimane fa, Tresso era tra i concorrenti ai gazebo della coalizione, mentre cinque anni fa Airaudo corse contro Fassino facendolo perdere.

Certamente Torino e Roma rimangono le note dolenti per gli accordi tra Pd e M5s, ricercati anche in una prospettiva politica più ampia. Il giudizio negativo sulle amministrazioni Appendino e Raggi rende difficile un accordo formale anche al secondo turno, e probabilmente questo è stato l’oggetto del colloqui tra Letta e Stefano Lo Russo, candidato Dem sotto La Mole.

Un incontro che arriva dopo i “segnali” lanciati da Chiara Appendino, e dallo stato maggiore 5 Stelle, che aveva aperto all’ipotesi di una sua possibile ricandidatura nel segno della “continuità” con il lavoro già svolto. Messaggi che tuttavia non sono stati “intercettati” dal Pd.

La richiesta del Pd nazionale ai candidati locali, laddove non è possibile l’intesa, è tuttavia quella di evitare l’attacco forte a M5s, in modo da non irritarne gli elettori in vista del ballottaggio. Una pazienza che la segreteria Dem deve esercitare anche a livello nazionale vista la stasi del processo di cambiamento di M5s, che ha nuovamente rinviato la presentazione del nuovo Statuto a cui Conte sta lavorando.

Le indiscrezioni raccontano delle tensioni irrisolte tra il futuro leader e il garante, Beppe Grillo. Le difficoltà, secondo i rumors, dipenderebbero dal ruolo previsto per il fondatore del Movimento ma, soprattutto, dall’eliminazione o meno del limite dei due mandati.

Ma c’è anche chi sospetta di uno scontro sul rapporto più o meno accondiscendente da avere col governo Draghi: Conte, tendendo la mano ai fuoriusciti come Di Battista, inizia a prospettare una via d’uscita una volta messo in sicurezza il Paese. Ma un eventuale rapporto più dialettico con il governo, metterebbe in imbarazzo il Pd e Letta che attendono con ansia l’evolversi della situazione nel Movimento.

(di Giovanni Innamorati e Francesca Chiri/ANSA)

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