Consumi a picco nel 2020, persi 126 miliardi di euro

Shopping in corso Buenos Aires all'apertura dei saldi, Milano
Una donna guarda la vitrina di un negozio in corso Buenos Aires, Milan ,.Archivio. Ansa/Matteo Corner

ROMA. – Consumi polverizzati nell’anno nero del Covid. Il 2020 vede infatti un crollo dell’11,7%, con una perdita complessiva di oltre 126 miliardi di euro, registrando il peggior dato dal secondo dopoguerra. E pesa in particular modo una riduzione del 60,4% della spesa dei turisti stranieri, pari ad una perdita di circa 27 miliardi di cui 23 miliardi concentrati soprattutto nelle regioni del Centro-Nord, con Lazio e Toscana in testa.

A scattare la fotografia dell’Annus horribilis dei consumi è Confcommercio con un rapporto sul periodo 2019-2021 e nel quale sottolinea come il crollo della domanda abbia comportato, mediamente, “una perdita di oltre 2.000 euro a testa” rispetto al 2019, riportando i consumi “ai livelli del 1995”.

A livello territoriale il Nord e il Centro pagano il conto più salato, con Veneto e Valle d’Aosta le regioni con le maggiori perdite di consumi, pari ad oltre il 15%. Il Sud ha invece registrato dinamiche “lievemente meno negative”, spiega Confcommercio. E guardando avanti, le previsioni per il 2021 “restano molto caute”, soprattutto per le “incognite sulla ripartenza del turismo internazionale”.

Confcommercio prevede quindi una crescita dei consumi del 3,8% per l’anno in corso. “In valore assoluto, la spesa pro capite non riuscirà a recuperare nemmeno un terzo di quanto perso durante la pandemia”, avverte l’associazione. I consumatori con l’Unc parlano di “dati catastrofici” e “peggio di quelli dell’Istat”. Per il Codacons i consumi quest’anno non ripartiranno e “la strada per recuperare il gap è ancora lunga”.

In questo quadro il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, intervenendo all’incontro della Giunta confederale col ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, ha fatto presente una serie di punti. In primis, gli interventi pubblici vanno ridotti in “modo graduale e selettivo”, la situazione del terziario “non consente di affrontare incrementi contributivi del costo del lavoro”, quindi per la riforma dell’Irpef “va ridotto il cuneo fiscale sul lavoro, ma la questione non può risolversi nello scambio tra meno imposte dirette e più imposte indirette”.

Per il numero uno di Confcommercio, infatti, “la via maestra è nota: contrasto e recupero di evasione ed elusione insieme al controllo della spesa pubblica. E naturalmente un’equa global tax”. Serve poi una “stagione di robuste politiche attive”, col Pnrr da utilizzare per “risolvere i nodi strutturali” del Paese e “rilanciare un processo di crescita in affanno da almeno un ventennio”. E prendendo la parola, Giorgetti è stato netto.

“Le sorti del Paese sono legate in modo chiarissimo a come saremo capaci di implementare il Pnrr”, ha affermato. “Ho sempre detto che non basta stanziare tante risorse, la cosa più importante è spendere bene queste risorse”, ha sottolineato il titolare del Mise, avvertendo però che “la macchina burocratica del Paese non è in grado di tradurre in modo così rapido gli stanziamenti in opere” per cui “è decisiva l’azione del governo”.

Per dare poi respiro in questo momento alle imprese in difficoltà a causa della pandemia, Giorgetti ha detto che sulle cartelle esattoriali serve “un ammortamento dei debiti”. Infatti “tutto quello che si è accumulato in questo anno e mezzo non può essere richiesto ad attività imprenditoriali che escono faticosamente dalla crisi”, ha puntualizzato il ministro, chiudendo però con una vena di ottimismo per quanto riguarda la crescita del Pil quest’anno. “Potrebbe essere raggiunto il traguardo del 5%”, ha detto.

(di Alfonso Abagnale/ANSA).

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