ROMA. – La partita sui licenziamenti, che potranno riprendere a partire dal primo luglio, non è chiusa nonostante la mediazione messa in campo dal premier Mario Draghi con uno degli ultimi decreti legge del governo: Pd e LeU in asse con i sindacati insistono nel chiedere una proroga per i settori più in crisi, legati al manifatturiero.
Ufficialmente in un’ora di colloquio di questo non avrebbero però parlato il presidente del Consiglio e il leader della Cgil Maurizio Landini, che oggi è stato ricevuto a Palazzo Chigi. Lo nega il governo, lo nega anche il sindacato: l’incontro è stata l’occasione per il premier per porgere di persona le condoglianze per la scomparsa di Guglielmo Epifani, dal momento che domani non potrà prendere parte alle esequie.
Si è parlato invece della situazione economica generale e dell’Europa, convengono le note ufficiali. Ma Draghi, secondo quanto raccontano fonti nella maggioranza e sindacali , avrebbe incontrato lunedì anche i leader di Cisl e Uil e – aggiungono le medesime fonti – il tema dei licenziamenti sarebbe stato dunque affrontato. Il capo del governo ha già fatto sapere di voler lasciare alle forze politiche l’onere di trovare una nuova mediazione: sarà il Parlamento – è il ragionamento – il luogo dove se ne tornerà a discutere concretamente.
Anche per il ministro del Lavoro Andrea Orlando tutto ora dipende dalla “volontà politica”. “La mia posizione e del mio partito – dice – è che più strumenti ci sono tanto meglio è. Perché questo si determini è necessario avere un consenso all’interno di tutta la maggioranza”.
Intesa che non è facile ad ora intravedere: se M5S (che hanno incontrato le imprese), Dem e Leu sono uniti nel chiedere una proroga, Forza Italia si schiera su un fronte diverso dicendosi soddisfatta dell’accordo già siglato. La Lega parla invece a più voci: Giorgetti torna a sostenere la ‘selettività” come possibile via d’uscita ma altri esponenti del partito, a partire da Matteo Salvini, si mostrano più prudenti.
“Rischiamo di spostarci su un dibattito ideologico senza affrontare i problemi di chi vive nel mondo dell’impresa e del lavoro”, è ad esempio il pensiero di Massimiliano Fedriga. Eppure senza un accordo di maggioranza non si potrà andare avanti: qualsiasi modifica in Parlamento infatti si scontra con il timing dell’esame del decreto legge sostegni bis: gli emendamenti rischiano di entrare in vigore troppo tardi, a fine luglio.
C’è chi ragiona di una possibile ‘clausola’ retroattiva o in alternativa esiste la possibilità, al momento remota, che trovata un’intesa fra le forze che sostengono il governo si potrebbe decidere di accelerare l’iter del provvedimento e approvarlo definitivamente entro il 30 giugno.
Ulteriore strada, che al momento appare però poco percorribile, ovviamente quella di un dl ad hoc. Impossibile invece- è il ragionamento – che una norma di questo genere possa essere ospitata nella riforma degli ammortizzatori: il pacchetto infatti ha tempi di realizzazione troppo lunghi.
C’è poi chi confida come Confindustria, che molto si è spesa per evitare una ulteriore proroga ad agosto del blocco dei licenziamenti, che la trattativa in corso non vada in porto. Ora, dice il leader degli industriali Bonomi, è tempo di costruire un’alleanza per una nuova “sostenibilità sociale e ambientale”.
Ma non sono solo le imprese a pensare che tornare a poter licenziare innescherà un circolo virtuoso: l’Ufficio parlamentare del Bilancio sostiene che a perdere il lavoro saranno “solo in 70mila” e tutti nell’industria, mentre proprio grazie allo sblocco dei licenziamenti entreranno molti giovani. E l’Anpal nel suo bollettino testimonia: le imprese provano a ripartire, la domanda a giugno è stata oltre i livelli pre-Covid.
(di Chiara Scalise/ANSA)