Yates assalto al Giro, Bernal si difende con onore

Simon Philip Yates arriva da solo al traguardo.
Simon Philip Yates arriva da solo al traguardo. ANSA/LUCA ZENNARO

ROMA. – Fra attaccanti e difensori, il 104/o Giro d’Italia di ciclismo si avvicina all’epilogo milanese di domenica. I sogni restano desideri, a due tappe dalla fine della fiera, ma ci sono certezze che continuano a non sgretolarsi, perché Egan Bernal vede scorrere i giorni, tenendosi incollata addosso la maglia rosa.

É vero che c’è chi, come Simon Yates – oggi vittorioso, dopo una martellante ed efficace azione sull’ultima salita – continua a nutrire ambizioni da primato, ma le forze scarseggiano per tutti e sarà difficile tornare domani all’attacco: per chiunque. In ogni caso, anche oggi, l’inglese ci ha provato e, oltre ad aggiudicarsi con merito la tappa, si è avvicinato pericolosamente non tanto al primo, quando al secondo posto mdetenuto da Damiano Caruso, che si è difeso a denti stretti msulla salita dell’Alpe di Mera, limitando il ritardo dal diretto inseguitore a soli -32″.

Bernal, invece, ne ha dovuti cedere 28″. Il colombiano, rispetto a Sega di Ala, questa volta non ha risposto allo scatto repentino e spaccagambe di Yates, continuando a salire col proprio passo, “trainato” dal compagno Castroviejo. É la forza della Ineos, signori: ovvero di un team con un budget smisurato per il ciclismo, in grado di vincere in ogni dove e in ogni modo. Ma, siccome il ciclismo non è il calcio, può anche capitare – com’è avvenuto l’anno scorso – che il giovanissimo Tadej Pogacar si aggiudichi il Tour, togliendolo dalle mani non di un big come Thomas (paladino della Ineos), ma al connazionale Roglic.

Caruso, in ogni caso, c’è ed è sempre secondo nella generale, alla vigilia delle due tappe decisive: domani è in programma la Verbania-Valle Spluga/Alpe Motta, con due Gran premi della montagna oltre i 2 mila metri (Passo San Bernardino e Passo dello Spluga), un arrivo a 1.727 metri. Non sarà una passeggiata per una carovana di corridori che di chilometri e di salite ne hanno già affrontati tanti.

Oggi la tappa presentava un dislivello di 2.811 metri: prima del “taglio” del Mottarone – dopo la tragedia della funivia – era di 3.400 metri. La corsa si è conclusa a quota 1.531 metri, dopo che il percorso è stato ridotto di 10 chilometri. É accaduto tutto sull’ultima salita, che era lunga 9,7 chilometri e arrivava a toccare punte del 14% di pendenza.

Yates è scattato, Bernal non ha risposto, Caruso si. Alla fine a pagare è stato l’ibleo che, però, grazie all’enorme esperienza maturata in carriera, ha saputo gestirsi. Caruso è stato bravo a conservare il podio ed è come se lo avesse fatto scalando l’Everest a mani nude, dal momento che gli mancano pezzi importanti della squadra. Non a caso, dopo il ritiro per caduta di Mikel Landa, uno degli scalatori più forti in circolazione, il siciliano è divenuto capitano in pectore della Bahrain.

Il vincitore morale del Giro, vada come vada, sarà lui e non Nibali che, pur dovendo affrontare un miriade di problema fisici, continua a staccarsi, dimostrando di non essere più un corridore da grandi giri. Gli resta l’Olimpiade, a Tokyo. Se verrà convocato.

Lascia un commento