Il mea culpa di Macron sul genocidio in Ruanda

Il presidente francese Emmanuel Macron al memorial del genocidio a Kigali.
Il presidente francese Emmanuel Macron al memorial del genocidio a Kigali. (ANSA/AFP/Ludovic MARIN )

PARIGI. – Una giornata storica, o quasi. Una svolta innegabile, ma con estrema attenzione ad ogni sfumatura e alle parole da pronunciare. Emmanuel Macron, in visita in Ruanda, ha riconosciuto per la prima volta le “responsabilità” della Francia nel genocidio del 1994 perpetrato dagli Hutu contro i Tutsi.

“Responsabilità” e non “complicità”, ha voluto rimarcare il presidente. Che non ha comunque presentato scuse, come da alcune parti ci si attendeva.

Macron ha pronunciato il suo discorso al Memoriale del genocidio di Gisozi, quartiere della capitale Kigali in cui sono sepolti i resti di oltre 250.000 vittime della carneficina commessa dagli Hutu fra il 7 aprile e il 17 luglio 1994, che si concluse con la morte di un numero compreso fra 800.000 e un milione di Tutsi.

La Francia, ha proclamato Macron, ha “un ruolo, una storia e una responsabilità politica” in quello che successe in Ruanda, anche se “non ne è stata complice”. Ma oggi per il Ruanda, come è stato per l’Algeria, Parigi “ha un dovere: guardare in faccia la storia e riconoscere la parte di sofferenza che ha inflitto al popolo ruandese”.

“La Francia – ha proseguito il presidente – non ha capito che, volendo ostacolare un conflitto regionale o una guerra civile, di fatto rimaneva al fianco di un regime colpevole di genocidio. Ignorando gli allarmi degli osservatori più lucidi, Parigi si assunse una responsabilità schiacciante in un ingranaggio che condusse al peggio, e proprio mentre cercava di evitarlo”.

La figura di Macron in piedi davanti ai ruandesi a riconoscere le colpe della Francia è comunque simbolica e il presidente – che da tempo attendeva questo appuntamento – ha mantenuto un impegno preso da tempo: “Stando oggi qui, con umiltà e rispetto, al vostro fianco – ha detto con voce grave, scandendo le parole – riconosco quante siano state le nostre responsabilità. Così proseguiamo l’opera di conoscenza e verità, unico modo che consente il rigore del lavoro di ricercatori e storici”.

Ha sottolineato di voler “cancellare 27 anni di incomprensione, di tentativi di ravvicinamento sinceri ma senza risultati”. Un gesto, quello di Parigi, “senza contropartita”, ha aggiunto il capo dello Stato.

Al suo fianco in conferenza stampa, il presidente ruandese Paul Kagame è apparso pienamente soddisfatto ed ha parlato di “immenso coraggio” da parte del suo “amico” Macron: “Le sue parole – ha detto – hanno avuto più valore delle scuse. Esse erano la verità”.

Si è invece rammaricato che la fatidica parola che chiede il perdono non sia stata pronunciata Egide Nkuranga, presidente della principale organizzazione di sopravvissuti, Ibuka: “Non ha presentato chiaramente scuse a nome dello Stato francese, né ha chiesto perdono, pur nell’importanza del suo gesto”. Lo stesso Macron, interpellato dalla stampa, ha sottolineato che avrebbe ritenuto “inappropriate” delle scuse.

La questione della responsabilità della Francia e dell’Onu, ma anche di Stati Uniti, Belgio e di altri governi ed organizzazioni che non si interposero fra le parti, portò ad una rottura delle relazioni diplomatiche fra Kigali e Parigi dal 2006 al 2009.

Fu Nicolas Sarkozy, nel 2010, unico presidente francese ad essersi finora recato a Kigali dopo il genocidio, il primo a riconoscere “gravi errori” da parte delle autorità francesi e una “forma di accecamento” che ebbe conseguenze “drammatiche”.

(di Tullio Giannotti/ANSA).

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