Colombia: in un mese proteste 60 morti secondo bilancio ong

Un gruppo di indigeni presidia un blocco stradale durante le proteste in Colombia.
Un gruppo di indigeni presidia un blocco stradale durante le proteste in Colombia. (Ansalatina)

BOGOTA.  – Il numero dei morti nelle manifestazioni che si ripetono ormai da un mese in Colombia ha raggiunto quota 60, secondo dati pubblicati dalle ong colombiane Indepaz e Temblores.

Fra il 28 aprile ed il 26 maggio, si precisa, è stato possibile verificare l’identità di 54 persone decedute negli scontri fra manifestanti e polizia, mentre sei cadaveri sono ancora in attesa di identificazione negli obitori di Cali.

Almeno 43 di quelle persone, sostengono poi le ong, avrebbero perso la vita per possibile responsabilità della forza pubblica.

Inoltre, sono stati segnalati anche 46 casi di gravi lesioni oculari causate da spari di agenti, mentre 22 donne hanno denunciato di essere state vittime di violenza sessuale da parte di membri della polizia.

Le polemiche per l’alto numero di morti, feriti e arrestati ha raggiunto anche il Parlamento, dove l’opposizione ha presentato sia alla Camera sia al Senato una mozione di censura nei confronti del ministro della Difesa Diego Molano.

Con molta probabilità l’iniziativa non avrà successo perché i partiti che si oppongono al governo del presidente Iván Duque non hanno i numeri sufficienti per farla approvare, ma per gli analisti essa indebolirà comunque la posizione del ministro Molano.

Dal canto suo, la ministra degli Esteri colombiana Marta Lucía Ramírez ha smentito di aver impedito alla Commissione interamericana dei diritti umani (Cidh) di visitare la Colombia per verificare l’esistenza di un eventuale uso sproporzionato della forza da parte della polizia nella repressione delle manifestazioni antigovernative cominciate il 28 aprile scorso.

In dichiarazioni a Washington al termine di un incontro con i responsabili della Cidh, Ramírez ha dichiarato ai media che “la Cidh ha detto chiaramente che si è incontrata con me, e che l’ho invitata a venire in Colombia per una visita nella data data (29 giugno) che è stata fissata dalla stessa organizzazione”.

Io, ha aggiunto, “ho detto ai delegati con cui mi sono riunita che siamo pronti per la visita. E che se vogliono venire prima del 29 giugno, possono farlo anche domani. Noi non abbiamo problemi”.

La confusione sull’invito alla Cidh, che ha manifestato preoccupazione per le vittime e le violenze registrate in Colombia durante il mese di manifestazioni, è nata da una prima prima presa di posizione del governo del presidente Iván Duque.

In essa si sosteneva che la visita della Commissione sarà approvata una volta che ci sarà stato un incontro fra il governo e  le organizzazioni sociali per tracciare un bilancio delle violazioni dei diritti umani durante le manifestazioni.

E, si aggiungeva, che potrà avvenire dopo che saranno terminate le indagini da parte della Procura generale e degli altri organismi istituzionali colombiani sulle denunce di violazioni dei diritti umani.

Questa linea ha suscitato numerose critiche in Colombia, fra cui quella dell’ex presidente della repubblica César Gaviria che ha definito la posizione governativa “un grande disastro internazionale senza attenuanti”.

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