Presidente Mattarella: “Sono vecchio, tra otto mesi mi riposerò”

Il Presidente Sergio Mattarella all'’Istituto Comprensivo Fiume Giallo – Scuola Primaria Geronimo Stilton, in occasione della presentazione de “Il mio diario” per l’anno scolastico 2021/2022

ROMA. – Il lavoro del presidente della Repubblica? Lungo, faticoso e impegnativo, ma tra otto mesi il settennato si conclude e “potrò riposarmi”. Sergio Mattarella a sorpresa dialoga con alcuni giovanissimi studenti di una scuola romana e con semplicità risponde ad una domanda sul suo ruolo.

Immediatamente la politica fibrilla e sotto-traccia si apre un dibattito futuribile sull’elezione del nuovo presidente – che avverrà solo a gennaio dell’anno prossimo – e, soprattutto, si intrecciano scenari sulla tenuta del governo Draghi, sulla fine anticipata della legislatura e sul destino di un Piano di Ripresa e Resilienza (Pnrr) che in quella data sarà nella sua fase più delicata.

Non è la prima volta che il capo dello Stato fa sapere la propria opinione sulla durata, più che sufficiente, di un mandato al Quirinale. Lo fece anche nel discorso di Capodanno. Oggi aggiunge una nota umana, che suggerisce una lettura delle sue parole nel senso di una riflessione personale piuttosto che di una dichiarazione politica.

“Quando mi hanno eletto al Quirinale mi sono preoccupato perché sapevo quanto era impegnativo il compito. Ma due cose mi hanno aiutato: ho ottimi collaboratori ma soprattutto il fatto che in Italia in base alla Costituzione non c’è un solo organo che decide ma le decisioni sono distribuite tra tanti organi. Il presidente della Repubblica – ha spiegato ai ragazzi Mattarella – deve conoscere tutti, seguire tutti per poter intervenire con suggerimenti. Ma tra otto mesi il mio mandato di presidente termina. Io sono vecchio, tra qualche mese potrò riposarmi”.

Ma nel mondo complesso della politica non tutti sono convinti che Mattarella abbia il diritto al riposo, visto che la Costituzione non vieta in alcun modo un secondo mandato, come ha dimostrato il bis “a tempo” di Giorgio Napolitano. Ufficialmente parlano in pochi, ma a Montecitorio si sprecano analisi più vicine all’astrologia che alla realtà, visto che otto mesi in politica sono come un viaggio siderale.

L’unico a infilarsi direttamente nel delicato spazio aperto dalle parole del presidente è Matteo Salvini che cita Draghi scoprendo così il vero dilemma politico del momento: “Febbraio è lontano. Non abbiamo candidati nostri. Certo, se il Presidente Draghi si volesse proporre, avrebbe il nostro convinto sostegno”, osserva il leader della Lega solo un’ora dopo la dichiarazione del capo dello Stato.

Silenzio generale di tutti i leader politici per ore, fino a quando dall’altra parte dello schieramento si manifesta il segretario del Pd Enrico Letta con assai maggiore prudenza: “Quello che succederà a gennaio è talmente lontano rispetto a quello che capita quotidianamente che non sono in grado di dirlo in questo momento. Quello che è certo è che questo governo giorno per giorno, settimana dopo settimana, deve essere fondamentalmente il governo del ‘delivery’, il governo che consegna, che fa le cose, che applica tutte queste scelte”.

Per il Pd in sostanza non è certo l’ora di destabilizzare il governo di Mario Draghi seppur con la sirena del Quirinale. Sulla stessa lunghezza d’onda l’M5s che, con il ministro per i rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, raddoppia: “Credo che siamo un po’ in anticipo nel parlare del presidente della Repubblica. E’ giusto farlo a novembre, dicembre, in questo momento forse meglio concentrarsi sulle riforme”.

L’appuntamento per l’elezione parlamentare del nuovo presidente è lontano ma già si annuncia denso di insidie, passaggi politici complessi ed intrecci costituzionali che certamente non sfuggono alle forze politiche. Lanciare sin da ora Mario Draghi sul Colle fa intuire quanto la Lega guardi anche alle elezioni anticipate. Dall’altra parte la prudenza del Pd e dei Cinque stelle fa pensare il contrario, cioè che considerino la possibilità di non arrivare a fine legislatura nel 2023 un rischio per il sistema-Italia.

Inedito ma del tutto legittimo per la Repubblica sarebbe un passaggio di consegne Chigi-Quirinale, con un premier che si dimette nelle mani del presidente uscente per prenderne il posto. Poi che succederebbe? Inutile fare previsioni, gran parte dipenderà dalla maggioranza che ora ipoteticamente eleggerebbe Draghi al Quirinale.

Ma le analisi sono tante e tutte premature: altri nomi girano da tempo insieme a quello di Mario Draghi. Da ambienti del centro-sinistra sottovoce si sponsorizza il nome di una donna, Marta Cartabia, oggi alle prese con una delle riforme più difficili ed importanti per il Recovery, quella della giustizia. Altri sussurrano quello di Pierferdinando Casini, come figura gradita trasversalmente. Ma si sa, azzeccare otto mesi prima il nome del nuovo presidente è come vincere al super Enalotto.

(di Fabrizio Finzi/ANSA)

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