Omofobia, monito Mattarella: “Rifiuto assoluto di ogni forma di intolleranza”

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in una foto d'archivio.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in una foto d'archivio. (Ufficio Stampa e Comunicazione Quirinale)

ROMA. – Oggi più che mai bisogna “ribadire il rifiuto assoluto di ogni forma di discriminazione e di intolleranza e, dunque, per riaffermare la centralità del principio di uguaglianza sancito dalla nostra Costituzione e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”.

Parole del presidente della Repubblica che apre di buon ora la Giornata internazionale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia con parole chiarissime. Naturalmente Sergio Mattarella nella sua dichiarazione non cita il Ddl Zan che da settimane sta spaccando la maggioranza del governo Draghi su un tema squisitamente politico. Ma tant’è, il dibattito si infiamma immediatamente e a tutti è ormai chiaro che la questione deve essere affrontata in qualche modo dal Parlamento.

Mentre il mondo LGBT snocciola dati allarmanti sulla crescita degli attacchi omofobi – nell’ultimo anno, durante il periodo covid, i ricatti e le minacce subiti dalle persone LGBT sono passati dall’11% al 28%; i casi di mobbing e discriminazioni sul lavoro dal 3% sono aumentati fino al 15%, spiega Gay Help Line – anche l’Europa prende posizione contro l’intolleranza, dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen al presidente dell’Europarlamento David Sassoli.

Ma è il presidente francese Emmanuel Macron a sintetizzare con efficacia un concetto non del tutto digerito in Italia: “amate chi volete”, ha scritto in un tweet.

Si riapre così lo scontro sull’ormai famosissimo ddl Zan, con il centrosinistra compatto che ne chiede la rapida e completa approvazione, la Lega che resiste e Forza Italia con posizioni più sfumate dovute alle divisioni interne sul tema. Sullo sfondo resta la posizione della Cei che non è contraria a un provvedimento ma chiede modifiche al disegno di legge dando così la linea a parte del mondo cattolico.

Il presidente della Repubblica d’altronde non poteva essere più chiaro nel suo monito che richiama la politica a tenere alta la guardia contro l’intolleranza e, allo stesso tempo, a ricordare che ci sono dei valori costituzionali da difendere: “le attitudini personali e l’orientamento sessuale non possono costituire motivo per aggredire, schernire, negare il rispetto dovuto alla dignità umana, perché laddove ciò accade vengono minacciati i valori morali su cui si fonda la stessa convivenza democratica.

La società viene arricchita dal contributo delle diversità. Disprezzo, esclusione nei confronti di ciò che si ritiene diverso da sé, rappresentano una forma di violenza che genera regressione e può spingere verso fanatismi inaccettabili”. Il primo a reagire alla presa di posizione presidenziale è stato il segretario del Pd, Enrico Letta, che ha chiesto al Senato un “impegno concreto” per far approvare subito il ddl Zan.

Sulla stessa linea il Movimento Cinque stelle che – sia con Luigi Di Maio che con l’ex premier Giuseppe Conte – chiede “uno scatto di civiltà” finendola con i “tentennamenti sul ddl Zan”. E Liberi e Uguali con il capogruppo alla Camera Federico Fornaro chiede di “ascoltare” le parole di Mattarella.

In maggioranza si mette subito di traverso la Lega con Matteo Salvini che ribadisce le posizioni di chiusura del suo partito: “SÌ a una legge che introduca subito pene più severe per chi discrimina, insulta o aggredisce in base a sesso, etnia o religione, come quella già presentata da Lega e centrodestra. No a una legge che introduce bavaglio e carcere per le idee (punire chi non condivide le adozioni gay o l’utero in affitto è una follia) e vuole portare nelle scuole di bimbi di 5 o 6 anni la teoria gender”.

La battaglia è quindi tuttora aperta e in Commissione Giustizia del Senato ancora non si vede la luce. Tanto che il Pd sta pensando di portare direttamente il testo Zan in aula. Da destra per ora rispondono con un contro-testo e un fiume di emendamenti che viene da molti letto come un tentativo di rimandare l’approvazione alle calende greche.

(di Fabrizio Finzi/ANSA)

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