Soldi e tecnici stranieri, ma la Champions parla inglese

La coppa della Champions League. (ANSA)
La coppa della Champions League. (ANSA)

LONDRA. – Una finale del calcio inglese per la Champions. Anzi, del calcio degli inglesi. Se politici e sportivi chiedono oggi che Manchester City-Chelsea si giochi a Wembley, e non a Istanbul come da programma Uefa, non e’ solo per i timori dei divieti Covid.

L’Inghilterra, sventato – ma non del tutto – il rischio Superlega di cui le sue squadre erano protagoniste si sente sempre piu’ padrona del calcio europeo. Grazie ai soldi di investitori stranieri, arabi, russi o americani che siano, e alla sapienza di allenatori stranieri, più una nidiata di giovani talenti buoni anche per la nazionale.

La terza finale di Champions targata Premier League, la seconda negli ultimi tre anni, conferma la supremazia europea, non solo economica, del campionato inglese, che per velocità, ritmo, intensità non teme confronti nel Vecchio Continente. Come conferma anche l’Europa League che stasera potrebbe confezionare un’altra finale tutta inglese, tra Manchester United e Arsenal.

Sarebbe un poker d’assi già capitato nella stagione 2018/19, quando il Liverpool trionfò in Champions sul Tottenham, e il Chelsea di Maurizio Sarri vinse l’Europa League contro l’Arsenal. Mentre la prima finale inglese di Champions risale a Mosca 2007/08, quando il Manchester United si impose ai rigori sul Chelsea.

Quella di Istanbul sarà una finale all’insegna del numero tre. Tre come le finali in carriera di Pep Guardiola, dopo le due vinte con il Barcellona, l’ultima delle quali esattamente un decennio fa. Terza finale anche per il Chelsea, sempre arrivato in fondo alla competizione più prestigiosa dopo aver cambiato allenatore in corsa. Provvidenziale lo scorso gennaio l’arrivo di Thomas Tuchel, fresco di esonero dal Paris Saint Germain, con cui aveva conquistato l’epilogo di Champions la stagione precedente.

Negli ultimi tre mesi i Blues hanno cambiato passo, prenotando il quarto posto in Premier League e raggiungendo la finale di Fa Cup e, appunto Champions. In caso di vittoria a fine maggio, Tuchel diventerà il terzo allenatore tedesco a vincere consecutivamente la Champions dopo Jurgen Klopp e Hans-Dieter Flink. Evidenti i meriti del tecnico tedesco nel valorizzare i 250 milioni di euro spesi la scorsa estate da Roman Abramovich.

Perché se il Chelsea si presenta da sfavorita nella finalissima contro i Citizens, è tutt’altro che un’outsider nel panorama internazionale, a livello economico. Settimo club al mondo per valore patrimoniale (3,2 miliardi di dollari), con un fatturato annuo superiore ai 600 milioni di euro, di cui più di un quarto generato dai diritti-tv.

É per questo che in una sola sessione di mercato i Blues si sono potuti permettere due talenti inseguiti da tutta Europa come il 21enne Kai Haverts (pagato 80 milioni di euro), e il centravanti Timo Werner (63 milioni al Lipsia), entrambi protagonisti assoluti contro il Real Madrid. Una solidità finanziaria che va ricondotta principalmente ad Abramovich, tornato a spendere dopo anni di austerity per rimettere in ordine i conti societari. Così oggi il Chelsea e Manchester City sono gli unici top-club inglesi non indebitati.

Altrettanto solide le fondamenta economiche del City, la cui storia è cambiata nel 2010 quando è stato acquistato dallo sceicco emiratino Mansur bin Zayd Al Nahyan. Da allora i Citizens non sono più stati la seconda squadra di Manchester, rilanciando le ambizioni internazionali nel 2016 con l’arrivo di Guardiola.

Diventando nel frattempo il sesto club più ricco al mondo (quattro miliardi di dollari, il valore secondo Forbes), così da poter spendere nell’ultimo quinquennio (di soli cartellini) ben oltre 600 milioni di euro per giocatori come Ilkay Gundogan, Gabriel Jesus, Leroy Sane, Bernardo Silva and Riyad Mahrez. Che l’hanno trascinato alla prima storica finale europea, dopo quella di Coppa di Lega Italo-Inglese, persa nel 1970 contro il Bologna di Giacomo Bulgarelli.

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