Draghi e la mediazione con i partiti, nodo nomine

Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, incontra le parti sociali per un confronto sul Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, incontra le parti sociali per un confronto sul Piano nazionale di ripresa e resilienza. (Ufficio Stampa e Comunicazioni della Presidenza del Consiglio)

ROMA. – Finisce nella morsa di una dialettica sempre più accesa tra i partiti di maggioranza, il nuovo decreto Sostegni bis. E fa emergere più pressante la richiesta degli azionisti del governo di sedere al tavolo di confronto sulle misure economiche, che lamentano di non aver avuto modo finora di discutere, così come di avere voce in capitolo sulla grande partita che si giocherà nelle prossime settimane, con le nomine al vertice di una cinquantina di società partecipate dal Tesoro, da Cdp alla Rai.

Il premier Mario Draghi resta fedele al metodo di affrontare un dossier per volta e porterà in Consiglio dei ministri il decreto da oltre 38 miliardi per le imprese. Una mediazione informale con i partiti, probabilmente gestita dal ministro dell’Economia, ci sarà.

Così come un equilibrio, spiegano fonti di governo, sarà trovato sulle nomine, anche se i partiti sono consapevoli che difficilmente il “cencelli” determinerà caselle delicate come Fs o Anas.

Draghi si appresta a incontrare gli altri leader europei per la prima volta di persona, da presidente del Consiglio, venerdì e sabato, a Oporto, dove si discuterà in particolare del “sociale” e della lotta alle diseguaglianze, a partire dal Recovery fund. In Portogallo non ci sarà Angela Merkel, che Draghi sente però al telefono: con la Cancelliera il premier discute del dossier Covid e di come coordinare le misure per la ripartenza.

Al centro in questi giorni c’è il tema degli spostamenti tra i Paesi e il “pass verde” su cui il governo italiano scommette, fin dalla nuova ordinanza sui viaggi attesa entro il 15 maggio, per far ripartire il turismo. Il 21 maggio Roma ospiterà poi il Global Health Summit, occasione di discussione sulle linee strategiche per il futuro, a partire da quella della produzione dei vaccini.

Con questo dossier si intreccia il lavoro costante sui dossier economici. Nel prossimo decreto Sostegni bis da oltre 38 miliardi, i partiti premono per inserire misure a loro care: la Lega vuole nuovi criteri per i ristori ma chiede anche di rinviare la ripartenza delle cartelle esattoriali, il Pd pressa per un pacchetto sul turismo, i Cinque stelle fanno sponda ai sindacati nel chiedere una rimodulazione della sospensione del blocco dei licenziamenti a partire da giugno.

Di più. Dopo l’incontro di Draghi con il segretario del Pd Enrico Letta, anche la Lega potrebbe tornare a incontrare il premier, o almeno questo è l’auspicio che trapela da fonti leghiste secondo le quali Matteo Salvini potrebbe vedere Draghi con i ministri. Solo nelle settimane successive entrerà poi nel vivo la partita nomine.

Una società di cacciatori di teste sarebbe stata incaricata di sondare i candidati più adatti, non solo per i vertici Rai, ma anche per le altre controllate. Tra i partiti è diffusa la convinzione che il premier con il ministro dell’Economia terrà la scelta delle figure apicali, lasciando spazio ai partiti nelle indicazioni dei cda: su Cdp ad esempio sarebbe diffuso tra i partiti l’auspicio della conferma come ad di Fabrizio Palermo ma non si esclude che il premier opti per una scelta diversa, e in questa chiave torna a circolare il nome di Dario Scannapieco (Bei).

Il pressing dei partiti è poi alto per caselle come Fs e Anas, da cui passa una grossa fetta dell’attuazione del Recovery plan. Ma anche qui, spiegano fonti di governo, difficilmente sarà applicato il ‘cencelli’. Mentre c’è chi non esclude che gli auspici dei partiti vengano ascoltati sulla Rai, ad esempio con la scelta di una figura interna come Maurizio Ciannamea, considerata gradita alla Lega.

Anche sulla governance del Recovery plan gli azionisti di maggioranza hanno gli occhi puntati. Il decreto che disegnerà la cabina di regia del piano da 191,5 miliardi non dovrebbe arrivare prima della metà del mese. Al centro ci sarà il ministero dell’Economia, ma i ministri vogliono sedere nel comitato che avrà la supervisione politica a Palazzo Chigi.

Su come sarà strutturata la governance comunque la Commissione Ue non avrà voce in capitolo: Bruxelles dovrà valutare l’attuazione del piano, verificando che si rispettino i tempi e le fasi degli interventi. Se un Paese non è in grado di rispettare quella tabella di marcia che peraltro si è dato da solo – è il ragionamento – vorrà dire che non ha messo in piedi una governance adeguata, ma la governance in sé non è oggetto di esame europeo.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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