Tra bufale e ansia, gli italiani e le notizie sul Covid

Covid: guanti, mascherina e vaccino.
Covid: guanti, mascherina e vaccino. (Ansa)

ROMA. – Spaventati, attoniti, spesso increduli. È così che un anno fa ci ha colto la pandemia. Prima reazione, cercare di capire: cosa fosse, cosa fare, perché era accaduto. Una febbre che ci ha letteralmente travolti: oltre 50 milioni di italiani, ovvero il 99,4% degli adulti, si sono messi a cercare informazioni un po’ ovunque tra tv, radio e stampa (in 38 milioni abbiamo scelto i media tradizionali), ma anche sulle nuove piattaforme digitali.

Spesso incappando però in un mare di bufale: ben 29 milioni di italiani durante l’emergenza sanitaria si sono ritrovati a leggere notizie su web e social che poi si sono rivelate false o sbagliate, dalla storia del virus fuggito dai laboratori (ne sono convinti 19,4 milioni di italiani) alla correlazione con il 5G (2,3 milioni).

A raccontare il Paese a tu per tu con l’informazione in tempo di Covid è il primo Rapporto Ital Communications-Censis, “Disinformazione e fake news durante la pandemia: il ruolo delle agenzie di comunicazione” (in Italia sono 4.389 agenzie di comunicazione con 8.311 professionisti con + 12,5% dal 2015 al 2020 e +1,2% nel 2020).

Ma cos’è accaduto dunque? “La scelta che è stata fatta durante la pandemia – racconta il presidente del Censis, Giuseppe De Rita – è stata privilegiare la comunicazione sull’informazione e una comunicazione dal vertice piuttosto che distribuita, creando una forte carica emotiva”.

“Ha preso piede una pericolosa infodemia comunicativa – aggiunge il fondatore di Ital Communications, Attilio Lombardi – ovvero una circolazione eccessiva di informazioni spesso non vagliate, che ha reso difficile orientarsi tra fonti attendibili e non, lasciando spazio alla proliferazione delle fake news”.

Risultato, dice la ricerca, la comunicazione confusa sul virus ha veicolato paura per il 65% degli italiani, è stata confusa (49,7%), ansiogena (39,5%), eccessiva (34,7%) e solo per il 13,9% equilibrata. Non va meglio tra i giovani per i quali è stata una comunicazione “sbagliata” per il 14,1% tra i 18-34enni e addirittura pessima per il 14,6% dei millennials.

Non solo media tradizionali, però. Si è cercato informazioni un po’ ovunque, dai siti internet di fonti ufficiali, primi tra tutti Protezione Civile e Istituto Superiore della Sanità, cui si sono rivolti 26 milioni di italiani, mentre circa 15 milioni hanno consultato i social network. Un italiano su quattro ha anche chiesto al medico generale (12,6 milioni).

“Il ruolo delle piattaforme social e il proliferare delle fake news, ancor più con l’emergenza pandemica – incalza il sottosegretario all’editoria, Rocco Giuseppe Moles – pone una serie di questioni giuridiche, tecnologiche e sociali”. Oltre che “rischi per tutte le democrazie”.

Un passo in avanti in Italia, “si è fatto già con il nuovo tipo di comunicazione attuata da questo Governo. Siamo passati – dice – dalle conferenze stampa via social a un’informazione più chiara e concreta. Come dipartimento per l’editoria, poi, stiamo lavorando con la Presidenza del Consiglio a una serie di campagne di comunicazione istituzionali su vaccinazioni e riaperture”.

Quanto ai “giganti del web – aggiunge – è indispensabile che tutti gli attori coinvolti cooperino ad un’autoregolamentazione”. “Non tutte le fake news sono uguali: quelle sul Covid possono anche uccidere – commenta il presidente della Commissione Vigilanza Rai, Alberto Barachini, ricordando come a viale Mazzini in pandemia si sia chiesto di “non esacerbare una comunicazione confusa e ansiogena” e “una task force contro le fake news”.

E un’informazione chiara e verificata sembra sia sempre la miglior cura, anche contro la paura. “Ad aprile scorso si erano registrati picchi su Youtube con + 39 milioni di visualizzazioni” in ricerche legate alla pandemia, racconta la commissaria Agcom Laura Aria. “Dopo il messaggio del presidente Mattarella e una serie di interventi istituzionali i numeri sono notevolmente scesi”.

(di Daniela Giammusso/ANSA)

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