Draghi: “Un rischio ragionato. Sostegno a chi ha perso tutto”

Il Presidente del Consiglio Mario Draghi e il Ministro della Salute Roberto Speranza durante la conferenza stampa.
Il Presidente del Consiglio Mario Draghi e il Ministro della Salute Roberto Speranza durante la conferenza stampa. ROBERTO MONALDO/LAPRESSE/POOL/ANSA

ROMA. – Ci sono ancora oltre 400 morti al giorno, è consapevole Mario Draghi. Ma, con il conforto dei dati del contagio e dei vaccini in miglioramento, dopo aver ascoltato gli esperti, il premier sceglie di imprimere un’inversione di rotta.

Assume il “rischio ragionato” di dare il via libera dal 26 aprile a tutte le attività all’aperto. E’ un rischio che va di pari passo alla “scommessa” fatta sull’economia con il Documento di economia e finanza: accumulare altro debito “buono” nei prossimi anni per spingere la crescita del Paese.

La scelta di riaprire è sofferta per il governo: dura due ore e mezza la cabina di regia del premier con esperti e ministri, in un confronto a tratti rude. Nel dettaglio, la discussione promette di proseguire fino al Consiglio dei ministri che, tra martedì e mercoledì, dovrebbe approvare il decreto con le nuove misure anti contagio. Alla fine, tutti dichiarano soddisfazione.

La decisione finale, assicura il premier, è unanime. Ma l’unità della maggioranza è equilibrio ogni volta difficile da raggiungere e continuamente traballante. E’ il momento di alleviare, è convinto Draghi, il “disagio” di intere categorie, famiglie, ragazzi: bisogna dare “serenità” al Paese dopo un anno di pandemia.

Ma attenzione, avverte i partiti e i cittadini: se non si riapre con prudenza si rischia poi di dover richiudere. Alla delegazione di Forza Italia che in serata gli consegna la propria road map per aperture ancora più spinte, il premier ricorda il dato ancora allarmante delle vittime. Di qui la scelta di mantenere una dose di prudenza: riaprire sì, ma solo all’aperto dove più basso è il rischio di contagio e con la richiesta di rispettare “scrupolosamente” distanze e precauzioni.

“Non sono decisioni prese così, per vedere l’effetto che fa…”, assicura in conferenza stampa, allargando un sorriso. Draghi spiega che aprire serve anche a far ripartire l’economia, che il suo esecutivo sosterrà nei prossimi anni accumulando ancora debito. Se la scommessa sarà vinta, spiega Draghi, non saranno necessarie manovre correttive e il debito scenderà per effetto della crescita. Ma intanto gli aiuti devono farsi più selettivi, sostenere le aziende “vive”. E deve partire il piano di investimenti e opere del Recovery plan, accompagnato da “forti semplificazioni”.

Draghi prova a stemperare anche le tensioni della sua maggioranza, prima di incontrare in serata le delegazioni di Fi e Pd. Lo fa tornando a difendere il ministro Roberto Speranza, che Fdi vorrebbe sfiduciare: “trovi pace” chi attacca il ministro della Salute – dice perché Salvini senta – le critiche “non sono giustificate”, “lo stimo e l’ho voluto io nel governo”.

Ma non c’è bisogno, assicura il premier, di fare appelli all’unità come quello rivolto giovedì alla delegazione leghista incontrata a Palazzo Chigi: “L’unità è insita nella composizione della maggioranza, non ci sono fazioni da calmare”.

Tutto a posto? Non proprio, a giudicare dal continuo scambio di accuse tra gli alleati: Antonio Tajani per Fi paventa dossier divisivi come ius soli o patrimoniale, i Dem osservano che si dovrebbe abbassare toni e bandiere. Nella cabina di regia che Draghi riunisce in mattinata per decidere le aperture, il clima si fa rovente.

Due gli ‘schieramenti’: sul fronte più ‘aperturista’ il leghista Giancarlo Giorgetti e Maria Stella Gelmini per Fi, con il sostegno di Elena Bonetti per Iv, sul fronte più ‘prudente’ il ministro della Salute Roberto Speranza, con Dario Franceschini per il Pd e Stefano Patuanelli per il M5s. Gli aperturisti accusano i rigoristi di voler aprire poco e solo a maggio, i rigoristi ribattono che gli aperturisti vorrebbero aprire tutto subito, senza criterio.

Si discute sulla data (a un certo punto spunta l’idea 28 aprile) e di come e quanto allargare la maglie. Giorgetti è il più veemente, più volte si alza spazientito come pronto ad andarsene: “Se non volete aprire, mostrate i dati che vi sorreggono. Altrimenti ha ragione Salvini, volete che la Lega vada fuori dal governo”, sbotta. “Ora però – gli ribatte un ministro rigorista – non spacciate la ‘road map’ per una vittoria della Lega, serve responsabilità per stare in maggioranza”.

E’ una “liberazione” ma non una vittoria della Lega, spiegano i leghisti, anche perché già Salvini preme per fare di più e allungare il coprifuoco, ora confermato alle 22. Se si apre troppo, poi si rischia in fretta di dover richiudere, ribattono i ministri rigoristi. In cabina di regia si discute anche a lungo della scuola: far tornare tutti in classe vede i leghisti su una linea più prudente.

E poi: quali regole dare a chi apre? C’è un “limite di sostenibilità”, osservano gli aperturisti: se un catering riparte, deve avere almeno 50 posti di capienza, perché se si fissa l’asticella a 30 tanto vale non riaprire. Alla fine tutti benedicono la mediazione “ragionevole” di Draghi. Virare verso l’apertura è una scelta che sposano tutti, con più o meno prudenza. Le scorie però in maggioranza restano.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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