Hong Kong, 14 mesi di cella al magnate Jimmy Lai

Il magnate della stampa Jimmy Lai cammina con le manette, in mezzo ai due agenti della polizia di Hong Kong, nel momento dell'arresto.Archivio.
Il magnate della stampa Jimmy Lai cammina con le manette, in mezzo ai due agenti della polizia di Hong Kong, nel momento dell'arresto. Archivio.(Ansalatina)

PECHINO.  – Il magnate dell’editoria Jimmy Lai è stato condannato a 14 mesi di carcere per il ruolo avuto nelle manifestazioni di massa pro-democrazia tenute nel 2019 ad Hong Kong, dovendo ora fronteggiare anche nuove contestazioni sulle violazioni della legge sulla sicurezza nazionale.

Oltre a Lai, altri quattro attivisti tra i più noti dell’ex colonia britannica sono stati condannati alla detenzione tra gli 8 e i 18 mesi. Tra gli altri imputati c’erano Martin Lee, 82 anni, avvocato ed ex deputato conosciuto come il “padre della democrazia” a Hong Kong, scelto a suo tempo da Pechino per aiutare la stesura della  mini-costituzione (Basic Law) della città e Margaret Ng, avvocato di 73 anni ed ex parlamentare dell’opposizione: entrambi, tuttavia, hanno beneficiato della sospensione della pena.

Prima di emettere le sentenze, il giudice Amanda Woodcock ha parlato di manifestazione “premeditata” per “aggirare” un divieto della polizia. Il fatto che sia stata pacifica non è stato preso in considerazione: “la Legge fondamentale garantisce la libertà di riunione e di marcia, tuttavia questi diritti non sono assoluti e sono soggetti a restrizioni”, ha detto Woodcock.

Lai, 73 anni, è stato intanto destinatario di un’accusa extra relativa alla sicurezza nazionale per la presunta richiesta di sanzioni straniere: il proprietario dell’Apple Daily, il popolare tabloid di Hong Kong, è sospettato di collusione con forze straniere nel periodo gennaio 2020-gennaio 2021.

In aggiunta, c’è stata anche la contestazione per aver aiutato un attivista, Andy Li, nel suo tentativo di rifugiarsi a Taiwan. Su quest’ ultimo punto, i pubblici ministeri, secondo i media locali, hanno affermato che il coinvolgimento è relativo a fatti compiuti tra luglio e agosto del 2020. Li era tra le 12 persone detenute in Cina lo scorso anno dopo che la sua guardia costiera le aveva intercettate mentre cercavano di fuggire a Taiwan a bordo di un motoscafo.

Undici fermati erano stati accusati per i disordini del 2019 al momento della loro fuga, mentre Li era stato arrestato ma non incriminato. Le nuove accuse sono state formulate presso il tribunale di West Kowloon, lo stesso dove Lai è stato condannato a 14 mesi di reclusione, nell’ambito dell’azione di Pechino per stroncare il dissenso e l’opposizione democratica. Secondo Amnesty International, “le autorità di Hong Kong devono smettere di avanzare accuse penali arbitrarie contro coloro che hanno pacificamente esercitato i loro diritti alla libertà di espressione e di riunione”.

(di Antonio Fatiguso/ANSA).

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