Dubbi ristoratori, penalizzato chi non ha spazi fuori

Un ristoratore di fronte al suo negozio a Roma.
Un ristoratore di fronte al suo negozio a Roma. (ANSA)

ROMA. – Qualcuno finalmente sorride, ma per altri rimane l’amaro in bocca, che alimenta il risentimento. La decisione del governo di riaprire dal 26 aprile le attività di ristorazione sia a pranzo che a cena, ma exclusivamente all’aperto, è un passo avanti per gran parte delle attività, ma non per tutte, non per quelle – circa la metà – che non dispongono di spazi esterni e che si vedranno ancora costrette a tenere chiuso o a limitarsi ad asporto e consegne a domicilio.

Stavolta, però, con la concorrenza, tutta interna allo stesso settore, di chi invece potrà servire nei tavolini all’aperto.

“La direzione è quella giusta ma dal governo ci aspettavamo più coraggio”, sottolinea il direttore generale della Fipe Confcommercio, Roberto Calugi. Il problema è proprio che riaprendo solo all’esterno “si crea una discriminazione per chi lo spazio esterno non ce l’ha”.

“Avere una data e poter serviré la cena sono segnali importanti, soprattutto se irreversibili, ma ci preoccupa la penalizzazione per chi non ha tavoli all’aperto”, insiste rivolgendo un appello ai Comuni da una parte, perché mettano a disposizione “più spazi esterni possibili”, e al governo dall’altra perché quella annunciata sia solo “una fase transitoria di 1 o 2 settimane”.

Dopo un 2020 drammatico, il 2021 non si prospetta infatti migliore. L’anno scorso, spiega ancora Calugi, la categoria ha perso il 40% del fatturato e “quest’anno perderemo poco meno”.

Considerando lo smartworking che ha inciso pesantemente sulla ristorazione del pranzo, la crisi economica che emergerà in tutta la sua gravità dopo un primo momento di euforia, e l’assenza del turismo straniero, il recupero dei livelli pre-Covid, con 90 miliardi di ricavi l’anno, non è atteso prima del 2023″.

Le stesse problematiche sono evidenziate anche da Confesercenti. Tra i pubblici esercizi, sottolinea il segretario generale, Mauro Bussoni “il 50% sarà contento, perché si trata di un miglioramento per chi dispone di spazio esterno.

Per l’altro 50% si tratta invece di un arretramento, perché prima in zona gialla si poteva pranzare o servire l’aperitivo anche al chiuso, ora non più”. L’immagine è quella dell’ “andamento del gambero, un passo avanti per alcuni e uno indietro per altri”.

In Italia ci sono 350.000 imprese che operano tra ristorazione e pubblici esercizi, “pensare che la metà di queste non possa lavorare per un mese, – osserva – significa bloccare per un periodo molto lungo soggetti che hanno già sofferto parecchio”.

Lascia un commento