Draghi studia le aperture, ma prima fragili al sicuro

di Serenella Mattera (ANSA) -
ANSA/MASSIMO PERCOSSI

ROMA. – La “disperazione” e “l’alienazione” diffuse nel Paese. Mario Draghi le ha ben presenti, mentre imposta il lavoro di tre settimane cruciali per il suo governo. Palazzo Chigi e Montecitorio sono assediati per qualche ora, nel pomeriggio di ieri, da un gruppo di manifestanti, tra cui alcuni violenti, che chiedono di riaprire e sfilano a pochi metri dall’ufficio del premier.

Riaprire sì, ma in sicurezza, è l’obiettivo cui Draghi – che nell’ultima conferenza stampa ha condannato le violenze – lavora. Saranno cruciali i dati epidemiologici e il trend della campagna vaccinale registrati questa settimana, per definire la data in cui si potrà iniziare ad allentare la morsa.

Un punto con i ministri e i tecnici Draghi potrebbe farlo nella seconda metà della settimana. Ma il premier avrebbe già dato indicazione di iniziare a programmare come riaprire – si ragiona in ambienti ministeriali – quando sarà il momento, a partire da protocolli non troppo rigidi per attività che sono già in grande affanno.

E’ un lavoro che il presidente del Consiglio porta avanti in contatto con il ministro Roberto Speranza ma anche con Franco Locatelli del Cts e il commissario Francesco Paolo Figliuolo, che ha visto a Palazzo Chigi. Come inserire il dato delle vaccinazioni nei parametri per riaprire è uno dei temi allo studio: di sicuro, osservano fonti governative, non potranno esserci vere riaperture prima di aver messo in sicurezza i più anziani e i fragili.

Anche per questo è difficile che la morsa delle chiusure venga allentata in maniera significativa prima della fine di aprile. Ma fin d’ora si lavora per studiare come permettere a cinema e teatri, bar e ristoranti, palestre, fiere ed eventi, di ripartire “in sicurezza”.

Il Cts ha iniziato a esaminare i nuovi protocolli per gli spettacoli ma si guarda con grande attenzione anche a un settore cruciale e in grande affanno come quello del turismo. Il nuovo decreto per le imprese, con i sostegni alle aziende chiuse causa Covid, e il Recovery plan sono i due altri capitoli da chiudere entro la fine del mese.

Oltre al Piano nazionale di rilancio e resilienza, che Draghi illustrerà alle Camere il 26 e 27 aprile, in Consiglio dei ministri potrebbero arrivare a breve altri tre o quattro decreti. Oltre al decreto per le imprese, si lavora alle misure di ‘accompagnamento’ al Recovery: un decreto per le semplificazioni, uno per le assunzioni nella pubblica amministrazione e uno per disegnare la governance del piano (ma ancora non è detto: la norma potrebbe essere inserita in uno degli altri due provvedimenti).

Il tema governance è molto sensibile per i partiti. I ministri politici non si sbilanciano, ma a taccuini chiusi più d’uno – malcelando qualche tensione – sottolinea di non sapere niente e di attendere che Draghi dia indicazioni per esprimere un giudizio.

Di sicuro il cuore operativo del piano, come annunciato dallo stesso premier, sarà al ministero dell’Economia, ma i ministri vogliono tutti partecipare alle sedi di decisioni più politiche. E temono lo scenario, non escluso da fonti governative, di una ‘cabina di regia’ in cui, per competenza in relazione alle materie del Recovery, siedano tutti ministri tecnici, da Cingolani a Colao.

Come escludere ministri come quelli titolari di Sviluppo economico (Giorgetti) o Lavoro (Orlando)?, si chiedono tra le fila dei partiti. A Palazzo Chigi non si sbilanciano: lo schema non è ancora definito. Ma l’ipotesi considerata più probabile è che alla fine prevalga uno schema a “geometrie variabili”, per cui Draghi chiamerà in causa di volta i ministri interessati, dalla Pubblica amministrazione, al Mezzogiorno, dalle Infrastrutture a Lavoro e Sviluppo economico. In che modi e forme, i ministri attendono di capire.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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