Macron contro i medici, non vuole richiudere

Un cameriere raccoglie i tavoli in un caffé di Parigi.
Un cameriere raccoglie i tavoli in un caffé di Parigi. (ANSA)

PARIGI. – Una sfida all’ultimo dato sulla pandemia: la Francia è quasi tutta in zona rossa, la situazione è “critica”, con i ricoveri in terapia intensiva che tornano sopra quota 5000, ai livelli della prima ondata: bisogna chiudere subito tutto ed è già tardi, è l’allarme di medici e immunologi.

Ma Emmanuel Macron non vuole saperne: le scuole sono ancora aperte, di giorno l’unico limite per chi esce di casa è quello del raggio di 10 km. Fra studiosi e presidente, è guerra aperta, anche se ormai un lockdown almeno nella regione di Parigi sembra inevitabile.

Bar, ristoranti, musei, cinema, teatri e molto altro sono completamente chiusi dal 29 ottobre, giorno di inizio del secondo lockdown. Ma restano sempre aperte le scuole e sulla libertà di movimento, soprattutto nell’Ile-de-France, sembra difficile porre freni.

Persino dal governo è venuto l’incoraggiamento a uscire perché chiusi in casa – ha spiegato anche Macron – ci si contagia di più rispetto a quanto avviene all’aria aperta. Ma da settimane la situazione continua a peggiorare: le rianimazioni sono tornate come un anno fa con oltre 5.000 pazienti Covid, nelle scuole le classi chiuse per casi di positività sono oggi il doppio rispetto a ieri.

E fra gli esperti, che ormai prevedono ogni giorno una situazione sempre più catastrofica, e Macron, che si ostina ad aspettare rifiutando un nuovo lockdown, il duello si fa ogni giorno più aspro.

Mentre Libération ritrae il presidente seduto sotto il titolo “Ma cosa aspetta?”, è Le Monde dedicare il ritratto più spassoso a quello che definisce – nel titolo di un suo pezzo – “Il presidente epidemiologo”.

Ironizzando fino ad un certo punto, perché molte fonti vicine al capo dello Stato giurano che Macron da un anno si applica come uno studente di medicina, studia, legge tutto. Al punto che, durante le riunioni con il Comitato scientifico, più volte incalza gli scienziati citando pubblicazioni che neppure loro hanno letto.

Insomma, convinto ormai di saperne abbastanza, si fida sempre meno del pesimismo che – a suo dire – ha fallito già in gennaio con le “modellizzazioni”. Secondo lui prevedevano il peggio per il mese di febbraio e predicavano chiusure drastiche.

Macron non ha ceduto e il disastro non c’è stato: “Per questo non ho nulla da rimproverarmi, nessun mea culpa da fare”, ha detto giovedì scorso. Suscitando le ire degli scienziati, che hanno riproposto le loro previsioni di allora, affermando che i tempi delle varie ipotesi non erano certi, ma la destinazione finale – drammatica se non ci saranno misure rigidissime e immediate – resta certa, allora come oggi.

In molti, fra gli esperti, non dimenticano l’uscita dal primo lockdown, un anno fa, quando Macron, contro il loro parere, decise di annunciare la riapertura delle scuole dopo l’11 maggio, mentre per gli scienziati si doveva rinviare a settembre. Andò bene, e Macron “l’epidemiologo” non l’ha dimenticato.

(di Tullio Giannotti/ANSA).

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