Gantz tenta la carta per un governo senza Netanyahu

Benny Gantz
Il generale in ritiro Benny Gantz pronuncia il suo primo discorso elettorale a Tel Aviv a gennaio scorso. (AFP/JACK GUEZ )

TEL AVIV- – Un governo senza Benyamin Netayahu. La carta sul risiko della formazione del prossimo governo israeliano l’ha lanciata Benny Gantz.

Nell’appello pubblico ai leader degli altri partiti della coalizione anti Bibi – Yair Lapid, Gideon Saar, Avigdor Lieberman – il capo di Blu Bianco ha incluso anche Naftali Bennett, l’indipendente di destra che con i suoi 7 seggi è un ago della bilancia per ogni futuro esecutivo.

Se Bennett accettasse, la composita coalizione anti premier potrebbe passare da 57 a 63 seggi, 2 in più dell’agognata maggioranza di 61 necessaria alla Knesset.

“Mi rivolgo ai leader del ‘Blocco del cambiamento’ – ha detto – per riunirci al più presto in modo da poter formare un governo onesto e mettere fine al predominio di Netanyahu”.

L’esortazione di Gantz insieme agli altri contatti dei leader è il primo passo di un percorso per giungere ad un governo stabile in grado di evitare una eventuale quinta tornata elettorale resa possibile dal voto incerto del 23 marzo scorso. Come nei precedenti, anche l’ultimo risultato non ha incoronato un vincitore e non ha dato una maggioranza chiara a nessuno dei due blocchi in campo: sia quello di ‘tutti contro Netanyahu’, sia quello del premier.

E tutti, se vogliono restare fedeli alle dichiarazioni preelettorali, hanno bisogno – sulla base di varie alchimie – dell’appoggio di Bennett e di Mansour Abbas, leader arabo islamista che ha 4 seggi ed è deciso a farli pesare.

Un groviglio che ora Gantz tenta di sciogliere facendo il primo passo, memore a quanto sembra della precedente fallimentare esperienza in cui da leader dell’opposizione è andato all’accordo di governo con Netanyahu in nome della lotta all’emergenza covid. Toccherà adesso agli altri – dal centrista Lapid al nazionalista di destra Lieberman, al transfuga dal Likud Saar e allo stesso Bennet – rispondere e trasformare l’appello in pratica politica.

L’occasione non è lontana: il presidente Reuven Rivlin – che il 31 marzo riceverà ufficialmente i risultati elettorali – vedrà lunedì 5 aprile tutti i partiti  e chiederà loro chi ritengano possa e debba avere l’incarico. Lo stesso giorno a Gerusalemme è prevista la ripresa del processo a carico di Netanyahu, accusato di corruzione, truffa e abuso di potere.

Una congiuntura che – secondo analisti – la dice lunga sulla crisi che attanaglia Israele da quattro voti in un biennio. Tempo 2 giorni e, il 7 aprile, Rivlin affiderà il mandato di formare il governo: il prescelto avrà 28 giorni – più eventuale proroga di altre due settimane – per formare un esecutivo e presentarsi alla Knesset. Quel giorno dovrà mettere all’incasso il sì di 61 deputati, poi sarà il nuovo premier di Israele.

(di Massimo Lomonaco/ANSA).

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