Europei: Vezzali e Costa aprono, i medici chiudono

Il virólogo Fabrizio Pregliasco,
Il virólogo Fabrizio Pregliasco, (ANSA)

ROMA.   – Mercoledì 7 aprile. É la data entro cui l’Italia, e con lei le federazioni degli altri Paesi interessati, dovrà far sapere all’Uefa se è in grado di garantire lo Stadio Olimpico aperto, almeno in parte, per gli Europei che, altrimenti, rischia molto seriamente di non avere Roma fra le sue sedi.

La questione, che deve essere risolta dalle autorità governative e sanitarie, apre fronti già noti tra chi spinge per aprire e chi invece persegue la linea del rigore.

I  sottosegretari allo Sport e alla Salute, Valentina Vezzali e Andrea Costa, sono per la  riapertura. “Gli Europei dovranno essere occasione per tornare a provare anche dal vivo le emozioni dello sport, oltre che per ribadire agli osservatori stranieri – afferma Vezzali all’ANSA – la capacità del nostro Paese di affrontare e superare anche questa pandemia”.

Costa si è detto sicuro che gli Europei con il pubblico a Roma ci saranno “se rispettiamo i piani. C’è una richiesta di garantire una certa presenza di tifosi negli stadi. Credo che, rispettando i piani – le parole a Radio Punto Nuovo – si possa tornare non solo negli stadi, ma anche in maniera graduale a una vita normale”.

Opposto sul tema stadi il parere dei medici, come quello del virologo Fabrizio Pregliasco, molto scettico sul fatto che a giugno la guerra al virus sia stata già vinta, e quindi che almeno una parte di tifosi possa tornare negli stadi. “Ci potrà essere una piccola percentuale, simbolica, nulla di più – ha detto dai microfoni Rai di Radio 1 -.

Non abbiamo ancora una proiezione numerica sufficiente per sapere quali saranno i numeri dei contagi a giugno”.  Nemmeno con un pubblico del 25% rispetto alla capienza dell’Olimpico come vorrebbe l’Uefa? “Al momento non mi sembra proprio il caso”, la risposta di Pregliasco. “Con un mese di tempo in più potevamo avere valutazioni più attendibili dei dati sui contagi” sottolinea Francesco Le Foche, infettivologo e immunologo presso il policlinico Umberto I di Roma.

La deadline del 7 aprile appare stretta al momento e ha messo la Figc e le consorelle continentali con le spalle al muro. Le città scelte per l’Europeo itinerante voluto a suo tempo dall’allora presidente Uefa Michel Platini sono dodici, Amsterdam, Baku, Bilbao, Bucarest, Budapest, Copenaghen, Dublino, Glasgow, Londra, Monaco e San Pietroburgo, oltre alla capitale d’Italia, e solo alcune finora hanno fornito le garanzie richieste.

Quanto all’Italia, la Figc ha già da tempo dato la disponibilità al ministro della Salute, Roberto Speranza: di fronte agli scenari prospettati dagli esperti la federazione è pronta ad allestire il progetto ad hoc, a lavorare affinché l’Olimpico apra in modalità limitata, a fare tamponi prima e dopo le partite come succederà ad Amsterdam, a permettere l’accesso solo ai vaccinati, a predisporre ingressi filtrati, distanziamenti e percorsi alternativi. La posizione in via Allegri è che sulla teoria del mondo politico-sanitario si creerà un progetto, quindi massima disponibilità.

La Gran Bretagna intanto scalpita, e dopo aver proposto all’Uefa di ospitare altre partite di quelle già previste nel Regno Unito per gli Europei, può contare sempre di più sull’effetto boom del vaccino: per la prima volta in sei mesi a Londra si registrano zero morti per covid.

Un traguardo che fa esultare il premier, Boris Johnson: il processo per il ritorno alla libertà avanza tra i britannici, e mentre gli altri Paesi aspettano risultati confortanti l’Uefa preme. E per il 7 aprile è corsa contro il tempo.

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