Effetto Covid, mai così pochi nati dall’Unità d’Italia

Persone camminano in un parco di Milano indossando mascherine, 24 marzo 2021.
Persone camminano in un parco di Milano indossando mascherine, 24 marzo 2021. ANSA/DANIEL DAL ZENNARO

ROMA. – Bisogna risalire all’Unità d’Italia per avere così pochi bambini nati nel nostro Paese. E’ uno degli effetti della pandemia che non ha inciso soltanto sui decessi, mai così tanti dal secondo dopoguerra, ma anche sulle nascite, amplificando “la tendenza al declino di popolazione” in atto dal 2015.

A sancirlo è l’Istat con il suo report “La dinamica demografica durante la pandemia covid-19 – anno 2020”. Nel 2020 i bambini nati, iscritti all’anagrafe, sono stati 404.104 con una diminuzione di quasi 16 mila rispetto al 2019, pari a -3,8%. La geografia delle nascite mostra un calo generalizzato più accentuato al Nord-ovest (-4,6%) e al Sud (-4,0%). I tassi di natalità pongono la provincia autonoma di Bolzano al primo posto con 9,6 nati per mille abitanti e la Sardegna all’ultimo con il 5,1 per mille.

Di contro l’aumento dei decessi, ha segnato un +17,6%, quasi 112 mila in più rispetto al 2019, con 746.146 persone cancellate nel 2020 dall’anagrafe per causa di morte. Più accentuato il calo di popolazione al Nord-ovest soprattutto nella prima ondata della pandemia. Ciò ha comportato che al 31 dicembre 2020 i residenti in Italia risultano essere 59.257.566, quasi 384 mila in meno (- 0,6%) rispetto all’inizio dell’anno, “come se fosse sparita – fa notare l’Istat – una città grande quanto Firenze”.

Nel 2020 il divario tra nascite e decessi è secondo solo a quello record del 1918 (-648 mila), quando l’epidemia di “spagnola” contribuì a determinare quasi la metà degli 1,3 milioni dei decessi registrati in quell’anno. Le regioni che più delle altre vedono peggiorare il saldo naturale (oltre il 4 per mille in meno rispetto al 2019) sono la Valle d’Aosta (-8,6 per mille) e la Lombardia (-6,7 per mille); solo la Calabria (-3,9 per mille) si assesta su valori simili a quelli del 2019.

Le ragioni della denatalità, secondo l’Istat, vanno ricercate anche nei fattori che hanno contribuito al trend negativo dell’ultimo decennio ovvero progressiva riduzione della popolazione in età feconda e il clima di incertezza per il futuro. Il senso di sfiducia generato nel corso della prima ondata, soprattutto al Nord, sottolinea l’Istat, può aver portato alla decisione di rinviare la scelta di avere un figlio. Al contrario, il clima più favorevole innescato nella fase di transizione può avere avuto effetti benefici transitori, poi annullati dall’arrivo della seconda ondata.

E per dare ‘fiducia” alle famiglie il premier Draghi oggi ha confermato che dal primo luglio partirà l’assegno unico e sarà di 250 euro a figlio con una maggiorazione per i disabili. “È davvero un giorno di speranza per l’Italia, per le nuove generazioni, per le loro famiglie” ha commentato la ministra per le Pari Opportunità e la Famigli Elena Bonetti.

“Una garanzia e un impegno” nei confronti delle famiglie è stata definita la misura dal Forum delle Associazioni Familiari che però ha espresso dubbi sull’entità della cifra temendo che “scenderà in base a criteri di reddito”.

Infine tra gli effetti della pandemia segnalati dall’Istat anche il crollo dei flussi migratori, dei matrimoni celebrati, soprattutto quelli religiosi ( 96.687, -47,5% sul 2019 con -68,1% i matrimoni religiosi e -29% quelli con rito civile) e delle unioni civili (1.527 con -33,5% sul 2019).

(di Emanuela De Crescenzo/ANSA)

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