Parla l’ambasciatore cinese, la Lega lascia l’aula

Veduta del Parlamento.
Veduta del Parlamento. (ANSA)

ROMA. – La questione degli uiguri divide Occidente e Cina ma crea turbolenze anche in Italia, agitando i lavori parlamentari. La miccia è stata accesa dall’ambasciatore di Pechino, che durante un’audizione alla Commissione Esteri della Camera ha liquidato come “bugie” le accuse di repressione della minoranza musulmana nello Xinjiang. Per i deputati della Lega è stato troppo ed hanno abbandonato l’aula, respingendo una “lezioncina di regime offensiva”.

L’audizione in Parlamento dell’ambasciatore Li Junhua era in programma da tempo, nell’ambito delle priorità della presidenza italiana del G20. Ma le sanzioni europee contro Pechino per gli uiguri, a cui i cinesi hanno risposto adottando misure analoghe nei confronti di deputati ed entità Ue, hanno cambiato le carte in tavola, riportando al centro la situazione dei diritti umani nel gigante asiatico. Proprio nel giorno in cui il diplomático cinese, su questo tema, è stato convocato dalla Farnesina.

Alla commissione Esteri l’ambasciatore Li ha tenuto il punto di Pechino, affermando che sul “presunto genocidio degli uiguri sono state scritte tante bugie e fake news” e “la Cina è stata costretta a rispondere alle sanzioni Ue con altre sanzioni” perché “vittima di un’ingiustizia”.

Poi ha ripetuto il mantra che “ogni Paese interpreta i diritti umani in modo diverso” ed ha invitato i parlamentari italiani a visitare lo Xinjiang per constatare l’assenza di abusi verso le minoranze.

La risposta della Lega è stata plateale. I deputati, dopo aver ascoltato parte dell’intervento di Li, hanno abbandonato l’aula spiegando che “sono state totalmente ignorate le nostre richieste legittime di democrazia e libertà ed invece abbiamo dovuto subire un’offensiva lezioncina di regime”.

Paolo Formentini e Eugenio Zoffili, tra l’altro, prima dell’audizione avevano chiesto al ministro Luigi Di Maio un’informativa urgente sugli uiguri. In linea con la posizione tradizionalmente critica del Carroccio nei confronti della Cina, che durante il governo Conte I aveva creato tensione con gli ex alleati 5 Stelle, sponsor della Via della Seta.

Lo stesso Formentini ha respinto l’accostamento tra le leggi sulla sicurezza ad Hong Kong e i decreti Salvini, tirato fuori all’epoca da Pechino, sottolineando che da una parte c’è una “democrazia” e dall’altra una “dittatura”.

Preoccupazione sullo stato dei diritti umani in Cina è stata espressa anche dai deputati degli altri partiti e dal presidente della Commissione Piero Fassino. La questione degli uiguri è stata affrontata peraltro con decisione anche dal governo, con la convocazione del diplomatico cinese alla Farnesina (così come hanno fatto altre cancellerie europee).

Durante il colloquio la vice ministra Marina Sereni ha ribadito che l’Italia è “irremovibile nella tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali” e “conferma il sostegno alle misure adottate dall’Ue”. Mentre, al contrario, le sanzioni cinesi contro i funzionari europei sono “inaccettabili”.

(di Luca Mirone/ANSA).

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