Vaccini: Draghi sente Sánchez in vista del Consiglio Ue

Il Presidente del Consiglio Mario Draghi al telefono nel suo studio a Palazzo Chigi
Il Presidente del Consiglio Mario Draghi al telefono nel suo studio a Palazzo Chigi. (Ufficio Stampa Palazzo Chigi)

ROMA. – Sarà un Consiglio Ue certamente “franco” quello di giovedì prossimo, nel corso del quale il premier Mario Draghi potrebbe mettere mettere sul tavolo il suo “pragmatismo europeo”. Il capo del governo italiano nelle prossime ore si appresta a preparare il non facile confronto con i vertici europei e gli altri Paesi membri sui vaccini.

L’approvvigionamento di dosi, al momento, resta un tema cruciale in Europa nonostante le rassicurazioni fornite dal commissario responsabile Thierry Breton sull’immunità di gregge entro l’estate nell’intero Continente. Il premier, dopo aver lavorato a Palazzo Chigi su come mettere in campo un maggior coordinamento tra le Regioni nella somministrazione dei vaccini, nelle prossime ore entrerà nel vivo della strategia da mettere sul tavolo (virtuale) di Bruxelles.

Una strategia che, sostanzialmente, si basa sull’assunto illustrato da Draghi nella conferenza stampa di venerdì scorso: “Se il coordinamento Ue funziona, bene. Altrimenti si va per proprio conto”. Ed è un piano che vede il premier in potenziale sintonia con i due principali leader europei: Emmanuel Macron e Angela Merkel, entrambi alle prese con campagne vaccinali partite a rilento e lockdown prolungati.

Proprio il coordinamento della campagna vaccinale e delle stesse misure anti-Covid sono al centro di un colloquio telefonico, nel pomeriggio, tra Draghi e il suo omologo spagnolo Pedro Sanchez. A testimonianza del fatto che la “tela” diplomatica del premier non include solo Macron e Merkel. E in vista del Consiglio di giovedì sono possibili ulteriori contatti tra Palazzo Chigi e le cancellerie europee. Parigi e Berlino inclusi.

Con un obiettivo: creare un asse che incalzi, in qualche modo, la commissione sia nella pretesa del rispetto dei contratti (a cominciare dallo stop all’export nei Paesi extra-europei) con le aziende farmaceutiche, sia nella produzione dei sieri. Tema sul quale, nel febbraio scorso, Ursula von Der Leyen ha lanciato il piano Hera Incubator, chiamato ora a decollare.

In questo senso, le parole con cui Breton ha sbarrato la porta a Sputnik V (anche se nel pomeriggio l’Ue ha corretto il tiro spiegando che l’eventuale uso del siero russo “dipenderà dalle circostanze”) non hanno entusiasmato chi, nella maggioranza, è vicino al dossier vaccini.

Mentre la leader di Fdi, Giorgia Meloni, prova a incalzare governo e presidente del Consiglio. “Se lo Sputnik V è un vaccino sicuro ed efficace non c’è guerra commerciale che tenga: va valutato e messo in commercio subito”, spiega. Anche su questo, nelle comunicazioni al Parlamento di mercoledì, il premier potrebbe rispondere.

(di Michele Esposito/ANSA)

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