Pd: cresce il pressing su Letta, l’ex premier riflette

Letta e Renzi
Cerimonia della campanella tra Matteo Renzi e Enrico Letta, Roma 22 febbraio 2014. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

ROMA. – Nel Pd cresce il pressing su Enrico Letta. Il suo nome piace alla maggioranza dem. La minoranza, quella degli ex renziani, non è entusiasta ma, visti i numeri in assemblea, non sembra intenzionata ad andare alla guerra, anche se frena ribadendo la richiesta di un congresso.

Per il momento, Letta osserva. Non ha ancora deciso. E’ preoccupato per la crisi del partito che ha contribuito a fondare, ma a chi gli sta vicino fa anche intendere che più emergono le divisioni, più si rende conto di quanto gli dia soddisfazione l’incarico all’Istituto di studi politici di Parigi.

A suggerire ai dem un’urgenza di decidere sulla guida ci sono anche i sondaggi. Secondo quello dell’istituto Swg per il TgLa7 in una settimana il Pd è diventato il quarto partito, scendendo al 16,6% e, soprattutto, subendo il soprasso di Fratelli d’Italia (16,8%).

Nei prossimi giorni una soluzione va trovata, anche perché il gruppo di lavoro dem incaricato di organizzare l’assemblea non solo conferma che ci sarà, ma la restringe a un solo giorno – domenica – rispetto ai due – tutto il weekend – previsti in un primo momento. Si svolgerà “da remoto” e servirà “all’elezione del segretario nazionale del Pd” comunica la presidente del Pd, Valentina Cuppi.

Su Letta convergono i dem vicini a Zingaretti e al ministro Dario Franceschini, così come non ci sarebbe il veto dall’aera guidata dal vicesegretario Andrea Orlando. Fra gli ex renziani di Base riformista c’è meno entusiasmo. “Prima di parlare di nomi – spiega il deputato Andrea Romano, portavoce della corrente – auspico che il segretario sia una figura nella quale tutto il Pd si possa riconoscere, in una fase così complessa non si può giocare con divisioni o forzature. In ogni caso, non si può rinunciare a una discussione di tipo congressuale. Le due cose vanno insieme”.

Anche nell’area Orfini il ragionamento non è troppo diverso: “Serve un segretario unitario in cui tutti possano riconoscersi, in vista di un congresso vero sulla linea politica da fare appena la pandemia lo consentirà”, chiarisce Francesco Verducci. E qua sta l’inghippo. Perché chiedere che l’assemblea avvii la fase congressuale significa pensare più che altro a un reggente, per aprire la strada a un congresso da convocare nel 2022. Va da sé, invece – spiegano fonti di maggioranza – che un mandato a Letta non potrebbe essere “a scadenza”, che un suo impegno sarebbe a tutti gli effetti da segretario, e quindi fino al congresso già in programma nel 2023.

Oltre che dalla scelta della guida, la giornata del Pd è scandita da due polemiche. La prima con Rocco Casalino, che in una trasmissione parla di “alcuni cancri” nel Pd da “estirpare”. Parte una raffica di proteste. “Direi che possiamo considerare questa garbata esternazione la chiusura di una stagione piuttosto infelice”, commenta Matteo Orfini riferendosi all’alleanza Pd-M5s. Qualche ora dopo, l’ex portavoce di Giuseppe Conte si scusa: “La mia frase è stata oggettivamente infelice”.

L’altra polemica segna una rottura con le Sardine, dopo l’intervista a Repubblica in cui Mattia Santori ha definito quello del Pd “un marchio tossico”. “E’ un’offesa a tutta la comunità del Pd e non è per nulla costruttivo, è solo distruttivo”, gli ha risposto la presidente del Partito Democratico, Valentina Cuppi, che sabato scorso ha accolto una delegazione delle 6000 sardine che aveva minacciato di occupare il Nazareno.

(di Giampaolo Grassi/ANSA)

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