WASHINGTON. – Gli Stati Uniti si apprestano a vivere uno dei processi destinati a fare la storia del Paese: quello che a Minneapolis vede sul banco degli imputati Derek Chauvin, l’ex agente di polizia che ha provocato la morte di George Floyd, il quarantaseienne afroamericano divenuto vera e propria icona del movimento Black Lives Matter.
Tutto era pronto per iniziare la selezione dei giurati, quando il giudice ha rinviato di almeno 24 ore l’avvio dell’evento che sarà seguito da milioni di americani e che rischia di acuire le divisioni all’interno della società americana. Un Paese, gli Usa, dove resta irrisolto il problema dell’eccesso di violenza da parte della polizia soprattutto verso le minoranze, con l’accusa frequente di razzismo.
Lo slittamento del processo è stato deciso in attesa che una corte d’appello definisca definitivamente quali sono le accuse di cui deve rispondere Chauvin, su cui pende già il reato di omicidio volontario e colposo e che è in libertà dopo il pagamento di una cauzione.
Fu lui che in quei terribili 8 minuti e 46 secondi nel maggio scorso soffocò Floyd premendogli il collo con un ginocchio. Inutili le ripetute suppliche della vittima, il cui grido di dolore “I can’t breathe”, non riesco a respirare, è divenuto il simbolo della lotta degli attivisti di Black Lives Matter e di tutta la comunità afroamericana. Tutto per una banconota di 20 dollari contraffatta che “Big Floyd”, alto quasi due metri, aveva dato al commesso di un negozio.
La vicenda provocò tra le più imponenti ondate di protesta in tutta l’America, un susseguirsi di manifestazioni che durò per settimane e che in alcuni casi sfociò anche in atti di violenza e di vandalismo. Ecco perché in queste ore Minneapolis è una città blindata, con blocchi di cemento armato e recinzioni di filo spinato a proteggere i possibili bersagli dei manifestanti.
I piani per la sicurezza messi a punto coinvolgono uomini dell’Fbi, migliaia di agenti della polizia e circa duemila soldati della Guardia nazionale dello stato del Minnesota. Ci si prepara insomma anche al peggio, nel caso l’imputato Chauvin dovesse essere assolto o punito con una pena ritenuta lieve. Del resto gli attivisti lo hanno promesso: “Una sentenza deludente ci renderebbe molto arrabbiati”.
Il processo dovrebbe durare tre settimane e i dibattimenti finali dovrebbero iniziare il 29 marzo. Non c’era solo l’agente Chauvin quel giorno in cui Floyd morì soffocato. Altri tre ex poliziotti, accusati di essere complici di Chauvin, saranno processati in agosto. Intanto i dati parlano di oltre 200 morti in 20 anni per mano della polizia in Minnesota.
Il 26% delle vittime erano afroamericani, nonostante a questa comunità appartenga solo il 7% della popolazione dello Stato. Dopo la morte di Floyd le autorità locali hanno dovuto ammettere che una riforma del dipartimento di polizia di Minneapolis era impossibile, ma che l’ufficio andava piuttosto smantellato e rifondato.
Mentre a livello nazionale George Floyd ha dato il nome alla riforma della polizia federale approvata dalla Camera la scorsa settimana: un primo passo per cambiare regole e procedure seguite dagli agenti soprattutto nel confrontarsi con le minoranze. Con la sinistra dei democratici che ha fatto del “Defund the pólice” un suo slogan, scontrandosi con lo stesso presidente Joe Biden contrario a sottrarre fondi alle forze dell’ordine.
(di Ugo Caltagirone/ANSA)